Giovedì, 19 Dicembre 2024

Ritorno alla Bellezza

Un tempo nel mondo greco esisteva la regola aurea del kalòs kai agathòs.

Non esisteva bello che non fosse anche buono, anzi l’armonia era qualcosa da perseguire perché il kalòs era un attributo interiore che si rifletteva all’esterno.

Come il diktat di mens sana in corpore sano.

Non si era ancora interrotto il legame tra anima e corpo, tra pensiero armonioso e lucido, benessere corporeo e perfezione estetica.

Tutto questo era chiamato “Armonia e Proporzione”, ed era una specie di legge sacra, gli dei avevano forma umana perché collegavano l’Olimpo alla terra, l’ideale era l’eroe che incarnava le qualità interiori ed esteriori della Bellezza ed era perciò protetto dagli dei.

Bello era “simmetria apollinea”, e Apollo era il dio della legge e della divinazione, della razionalità e della profezia. L’oracolo di Delfi che portava inciso: “Uomo, conosci te stesso” era sacro ad Apollo e qui la Pizia, ispirata dal dio, dava i suoi responsi.

Oggi viviamo in una società dove il culto della bellezza non è più inteso come tensione all’armonia interiore ed esteriore, ma come conformità a un’immagine stereotipata, dettata dai canoni sociali e culturali. La bellezza è vuota, è un guscio privato dell’anima, bellezza è un modello estetico omologato, è “superare la prova costume”, è un avatar costruito a tavolino, aiutati magari da un chirurgo estetico.

Le ragazze di oggi, soprattutto quando attraversano la fase dall’adolescenza all’identità adulta, non riescono più a collegare corpo e anima, vivono il loro corpo come qualcosa di estraneo, spesso nemico, e non più come espressione profonda della propria cifra individuale.

Quel corpo è idolatrato e poi condannato, idolatrato nella sua finzione di imago, e rifiutato in quelle specificità che raccontano il fulcro identitario.

Non è un caso che viviamo in una società liquida dove l’identità appare fumosa e dove prendiamo in prestito immagini come se fossero vestiti in un armadio, vestiti che coprono gusci vuoti. E da qui il dolore, la separazione, la frammentazione e l’estraneità.

Imperversano concorsi di bellezza, promesse per entrare nel mondo della moda, del cinema, per diventare fotomodelle o ragazze immagine, perfetto prototipo di quella società mercantile di cui parlava Fromm, dove l’immagine è prodotto di consumo e la persona è in vendita alla fiera del divertimentificio.

Si mette in mostra il didietro e si nasconde l’anima, quasi vergognosi di averla, ci si imbacucca in un selfie ben riuscito, si sorride e si baratta un’emozione autentica per un surrogato. Frattanto il dolore fuoriesce suo malgrado, ha la forma di un disturbo bordeline o di una depressione stretta in uno psicofarmaco, ha la forma di un taglio sul braccio e sulla mano per provare a sentirsi, e dimostrare di essere di più di un’icona.

Come donna di cultura, autrice di libri dedicati alle figure femminili, e cultrice di miti eretici come quello di Lilith, la prima donna che si ribella al sistema precostituito, mi sono chiesta spesso come può la cultura ricreare, soprattutto tra i giovani, un ponte che ricomponga l’unità tra immagine e individualità.

Credo che dobbiamo riparlare ai ragazzi, raggiungerli nel mondo delle icone, nell’universo virtuale, nel mondo del consumo liquido dove tutto è precario e dura un giorno. Parlare loro al di là delle scuole, dei luoghi classici deputati alla cultura, farci promotori di un nuovo approccio che funga da contraltare a quello dominante che ci vuole in balia di mode, tendenze, virtualità omologata, e che toglie all’essere autentico il suo valore.

Perciò, invitata come giurata a un concorso nazionale per aspiranti fotomodelle, il Premio alla moda “Un volto per fotomodella”, nella sua tappa flegrea, che si terrà giovedì 6 ottobre, al Papel Beach Club di Bacoli, mi divertirò a raccontare una storia. Racconterò del volto del mito e delle fotomodelle di ieri che si chiamavano Antigone, Diotima, Ipazia… Lilith.

E del coraggio di Lilith, una donna che si ribellò al mondo per amore della sua autenticità.

Chiara Tortorelli
Author: Chiara Tortorelli
Creativa pubblicitaria, editor e scrittrice, vive a Napoli dove inventa nuovi cultural life style: come presentare libri in maniera creativa e divergente, come scrivere i libri che ti piacciono davvero, come migliorare la creatività e il benessere personale con metodologie a metà strada tra stregoneria e pensiero laterale. Il suo ultimo libro è “Noi due punto zero” (Homo Scrivens 2018). Cura per Napoliclick la rubrica “La Coccinella del cuore”.

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