Giovedì, 14 Novembre 2024

Questa casa non è un albergo, la struttura che accoglie persone LGBT nel bene confiscato al clan

Questa casa non è un albergo. Un detto antico rispecchia bene lo spirito della struttura di accoglienza per persone LGBT gestita a Napoli dall’associazione I Ken con l’associazione C.O.R.A. all'interno del progetto nazionale Questa casa non è un albergo - Rainbow Center Napoli.

«Accogliamo prima di ogni altra cosa persone italiane e straniere – sottolinea Carlo Cremona, presidente di I Ken – giovani che si trovano in vario modo in difficoltà e trovano qui protezione ed assistenza, ma vengono soprattutto coinvolti, per il tempo che serve a far raggiungere loro un minimo di autonomia, in un progetto individualizzato di inclusione sociale, in cui ci sono diritti ma anche doveri. In questo senso, ci sono delle regole di convivenza da rispettare e anche se non tutti se lo vogliono sentir dire è così: Questa casa non è un albergo».

Questa casa non è un albergo la struttura che accoglie persone LGBT nel bene confiscato al clan1

Ci troviamo all’interno di un bene confiscato alla camorra (assegnato dal Comune di Napoli all'associazione I Ken attraverso un bando di evidenza pubblica con un affidamento di 7 anni) intitolato alla memoria di Silvia Ruotolo e di tutte le vittime innocenti della mafia, a due passi dai Ponti Rossi (via Antonio Genovesi 36), in un appartamento piccolo ma accogliente. Circa 50 metri quadrati ben distribuiti: al centro una sala comune con poltroncine rosse e tv, sui due lati due camere con due letti a scomparsa. Sono quattro le persone che possono essere ospitate come “residenti” nel Rainbow Center Napoli Questa casa non è un albergo. Ma questo è un luogo che dal 2017 accoglie soprattutto di giorno rispondendo a ogni genere di bisogno e costituendo un riferimento per omosessuali e transessuali vittime di maltrattamenti o che si trovano in condizioni di forte disagio economico.

Questa casa non è un albergo la struttura che accoglie persone LGBT nel bene confiscato al clan2

«A me non piace parlare per sigle – tiene a precisare Carlo Cremona – io parlo sempre di persone. Viene qui chi cerca un supporto psicologico perché cacciato di casa, perché vittima di violenza o discriminazione. A chiedere una mano sono anche le famiglie nel momento in cui si ritrovano ad affrontare una sorta di seconda genitorialità, alle prese con la nuova identità dei loro figli». Il progetto è finanziato con fondi ministeriali e se non ci saranno proroghe, avendo cadenza annuale, dovrebbe terminare ad aprile 2023. Da qui l’appello del presidente dell’associazione I Ken: «In progetti come questo e sul tema del contrasto alla violenza di genere, sarebbe necessario fare investimenti sul lungo termine con una programmazione dei fondi pluriennali».

GUARDA L’INTERVISTA A CARLO CREMONA

Maria Nocerino
Author: Maria Nocerino
Sociologa e giornalista professionista, è specializzata nel giornalismo sociale. Ha collaborato con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca. Collabora con la rivista Comunicare Il Sociale.

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