Giorgio Borghetti: “D’ora in poi si parlerà tanto di Fabrizio”
Attore, doppiatore, direttore del doppiaggio di alcune tra le maggiori produzioni italiane e straniere, Giorgio Borghetti presta il volto a Fabrizio Rosato, l’imprenditore ed ex di Marina Giordano, in questo momento principale indiziato per l’avvelenamento della Giordano e di Ferri, per fortuna finito senza conseguenze irreparabili.
L’artista romano – che esordì come doppiatore in E.T. l’extraterrestre ormai 40 anni fa – presenza fissa nel cast di Un Posto Al Sole da circa tre anni, ci parla del suo personaggio “complesso”, che stupirà tutti svelando una altra faccia della sua personalità. Borghetti ci racconta anche del suo personalissimo modo di intendere il mestiere di attore: “Giocare il ruolo, mettersi in gioco completamente, la parola italiana ‘recitare’ non rende l’idea”.
Nell’ultima puntata andata in onda, si stanno insinuando forti dubbi, per non dire quasi certezze, sul conto di Fabrizio a proposito dell’avvelenamento di Marina e Roberto…Cosa dobbiamo aspettarci?
In questo momento, la trama di Un Posto Al Sole sta appassionando tante persone e come tutte le trame intricate con tanti sospettati, prima o poi il colpevole viene fuori. Ora siamo quasi in quella fase, non posso dire di più, se non che Fabrizio, adesso che è rientrato, resterà per un bel po’ e ne vedremo delle belle.
In che senso?
Il mio è personaggio molto complesso, multi-sfaccettato, quando mi è stato proposto, era un personaggio bidimensionale, d’ora in poi si potrà vedere la sua tridimensionalità, che è un po’ l’obiettivo a cui ogni attore spera sempre di arrivare.
Fabrizio dirà finalmente la sua, si farà valere, avrà la sua rivalsa, dopo essere stato messo per tanto tempo all’angolo da Roberto Ferri, additato come un perdente senza spina dorsale, un debole, un fallito, uno che non è stato capace di tenersi la sua impresa tanto meno la sua donna. Ora ha la possibilità di mostrare un’altra parte di sé e venire fuori nella sua complessità; tra poco vedrete una svolta e si capirà cosa c’è dietro quello che sta accadendo…
Cosa pensa di questa svolta “gialla” di Un Posto Al Sole?
È sempre stimolante tirare fuori le parti più profonde e nascoste dei tuoi personaggi; c’è stato un momento in cui Fabrizio si era momentaneamente allontanato e ho temuto per un attimo di non poterlo fare ma gli autori mi hanno rassicurato. Ho fatto bene ad avere fiducia, sono davvero contento di questa svolta del mio personaggio, la vivo quasi come una rinascita, in corrispondenza anche a un mio momento privato molto bello.
Che effetto le fa fare la parte del cattivo?
Io non faccio il cattivo, io sono cattivo, questa è la differenza. È una autocitazione, in effetti, ho usato questa espressione in una conferenza stampa a Torino quando presentavo il mio Capitano Lorenzo Loya di Elisa di Rivombrosa. E in questo momento Fabrizio, seppure nelle differenze che ci sono tra i due personaggi, in qualche modo me lo ricorda.
Il primo era un sanguinario senza scrupoli, viveva durante la rivoluzione francese, ma anche in lui cercavo di mettermi in gioco completamente per renderlo il più credibile possibile, per quanto fosse difficile calarmi in un assassino che prova un piacere sadico nel vedere una testa ghigliottinata. Ma è questo il bello di questo mestiere, io almeno così lo interpreto: fare un gioco di sostituzione, forse gli inglesi lo dicono meglio di noi con il verbo ‘to play’, l’italiano ‘recitare’ non rende bene l’idea.
A proposito di questo, come definirebbe il suo personaggio, ha qualcosa di lei o viceversa?
In ogni personaggio che vado a interpretare c’è una parte di me. Del resto, è il bello di questo gioco delle parti, come disse una volta Robert De Niro fare l’attore significa vivere tante vite senza subirne mai le conseguenze.
Che bilancio trae di questi (primi) tre anni in Un Posto Al Sole?
Il rapporto tra me e Un Posto Al Sole è stato complesso all’inizio; sono stato corteggiato in passato ma ero troppo impegnato in teatro o in serie tv. Ricordo che in quel periodo mia mamma, che era una grande fan del social drama, mi diceva sempre “quando ti chiamano?”, io cercavo di spiegarle che lo avevano già fatto ma non era ancora tempo per me. Lei è finita a gennaio 2019, qualche mese dopo feci il provino e lo passai per il ruolo di Fabrizio. Mi piace pensare che mi stia guardando ovunque sia ora. Comunque sia, mi trovo bene, certo la ripresa dopo la pandemia non è stata facile, ma ce l’abbiamo fatta, come tutti.
Ha stretto delle amicizie al di fuori del set?
Ho legato maggiormente con le persone con cui giro, Nina Soldano, Riccardo Polizzy Carbonelli, Chiara Conti, che conoscevo già, mi sono subito integrato anche con i ragazzi, Vladimir Randazzo e Alessandra Masi, con loro condivido l’albergo quando soggiorno a Napoli, e con lo stesso Beppe Zarbo. Ma vado d’accordo anche con i registi, ognuno la sua nota caratteristica. Mi sarebbe piaciuto lavorare anche di più con Patrizio Rispo, ma per il momento non è ancora successo. Chissà.
È impegnato in qualche altro progetto in questo momento?
Sto portando in giro due spettacoli teatrali, il monologo “Il sogno di un mondo ridicolo”, che è stato anche in scena a Salerno; nuove date mi aspettano per lo spettacolo “Into the dust” (Nella polvere), una storia vera di due superstiti dell’attentato dell’11 settembre, visto però in un’ottica diversa.
Poi sto curando la direzione del doppiaggio della undicesima stagione di “American horror story”, in onda su Sky. Infine, faccio docenze in accademie di varie città di Italia: a Napoli insegno all’Accademia di doppiaggio e presso la sede meravigliosa della Phonotype, dove hanno inciso i più grandi artisti napoletani e si narra che Totò abbia scritto Malafemmena.
C’è un tema sociale che le piacerebbe portare in scena?
Sto per girare un corto in cui devo affrontare una tematica sociale molto importante: la sordità, quindi la diversità, che poi anche questo termine dovrebbe essere bandito. Diverso da chi? Io credo che ognuno di noi abbia la sua unicità. Fatto sta che lo sceneggiatore e regista Daniel Mercatali mi ha voluto in questo progetto, una bella sfida per me, dovrò anche imparare il Linguaggio dei Segni. Cominciamo le riprese a gennaio.
Lei ha doppiato grandi come Chris O’Donnell, Ethan Hawke, Luke Evans, Patrick Dempsey, partecipato a tanti progetti importanti, tra teatro, cinema e tv. Ha ancora un sogno nel cassetto?
Sogno di riuscire a realizzare un lungometraggio dal corto di Andrea Walts “Captain T. La condanna della consuetudine”, che narra di un doppiatore cinquantenne che entra in crisi perché sognava di fare l’attore, ma nessuno lo prendeva. Un progetto davvero coraggioso, lo abbiamo girato in piena pandemia nel 2020, in soli in quattro giorni, ma ci ha dato già tante soddisfazioni. Speriamo possa diventare presto un film!