Lunedì, 23 Dicembre 2024

Con la fotografia vi racconto la mia vita di donna Rom. Il progetto di Viviana Rasulo diventa un libro

Da sempre l’arte è termometro di ciò che accade introno a noi. Nella Giornata Internazionale per i Diritti delle Donne si moltiplicano i progetti artistici che portano al centro il tema dell’emancipazione femminile.

A parlarne sono spesso (ma non solo) artiste che durante tutta la loro carriera si sono confrontate più volte con questa “urgenza”. Sì, perché nel 2023 c’è ancora la necessità di parlare di integrazione e pari opportunità, soprattutto quando appartieni ad una etnia su cui pende lo stigma di “ladra” e “fannullona” come quella ROM. Viviana Rasulo ha messo il proprio know how di fotografa e psicoterapeuta a servizio della comunità delle donne ROM che vivono nel campo Rom di Scampia, in un progetto di emancipazione attraverso l’arte. Con uno strumento che ormai tutti abbiamo perennemente fra le mani – il telefono cellulare - per un anno intero le giovani partecipanti al progetto hanno parlato della propria vita attraverso lo scatto fotografico. Una vita di precarietà, dolore e solitudine, ma anche di speranza e affetti. Al termine del laboratorio le fotografie sono state raccolte in un libro dal titolo “Danzare la vita” che adesso attende di essere pubblicato e per cui presto sarà attivata una campagna di crowdfunding. 

Come è stato il primo impatto con la realtà vissuta dalle donne del campo Rom di Scampia?

Non è stato facile: c’è una grande diffidenza nei confronti dichi viene da “fuori”. Ci sono due mondi che non comunicano, due mondi a compartimenti stagni. Il nostro mondo, in cui tutti più o meno abbiamo delle garanzie - un tetto sulla testa, un lavoro, un sostegno economico, assistenza sanitaria – e il loro. Nel loro mondo si vive fra i cumuli di immondizia, in container fatiscenti in cui il tetto sulla testa è una lastra di lamiera. Dove i bambini possono essere morsi dai topi e in cui una donna può morire di parto all’angolo di una strada.

La comunità ROM è notoriamente una comunità molto chiusa. Come ha fatto a far breccia?

Come dicevo, c’è molta diffidenza. Diffidenza che si manifesta, all’inizio, con un atteggiamento di sfida, quasi violento. La chiave  è stata mettermi a nudo, non nascondermi, far vedere loro chi veramente sono. E mostrar loro che – oltre le differenze - siamo tutte persone che hanno in fin dei conti le stesse paure e gli stessi sentimenti.

Perché ha utilizzato proprio il medium della fotografia per entrare in contatto con loro?

La fotografia è l’unica forma d’arte che oggi sentiamo “alla portata di tutti”. Insomma, non abbiamo timore di confrontarci con esso. Con un telefono cellulare chiunque oggi può scattare una fotografia. Dopo i primi rudimenti tecnici, tutte le donne sono  riuscite, non solo a scattare belle fotografie, ma anche a raccontarsi attraverso il medium fotografico: il rapporto con i famigliari, la dimensione domestica, le paure più profonde. Il lavoro fatto è stato davvero incredibile.

Di quali strumenti si è avvalsa per portare a termine il progetto?

Ogni incontro è stato un’occasio0ne per metterle a contatto - spesso per la prima volta- con un universo di bellezza. Abbiamo visto film insieme, abbiamo danzato, abbiamo letto brani di libri e poesie. Ho voluto trasmettere loro un concetto che io credo essere imprescindibile: l’arte può salvarci la vita. È un modo per evadere dalla peggiore delle condizioni. E può anche aprirci gli orizzonti, dandoci modo di dimostrare a noi stesse di avere più risorse di quante crediamo di averne.

Il laboratorio è giunto a conclusione. Ma quali sono i progetti per il futuro?

Abbiamo raccolto gli scatti fotografici più belli in un libro che si intitola “Danzare la Vita”. Adesso vorremmo pubblicarlo ma ci servono fondi. Proprio per questo motivo presto apriremo una campagna di crowdfunding e abbiamo in programma tutta una serie di eventi atti a promuovere il progetto. Ma non sveliamo troppi particolari. Noi donne Rom e napoletane siamo piuttosto scaramantiche.

Viviana Rasulo è una fotografa. La sua formazione e il suo lavoro di pediatra e psicoterapeuta hanno molto influenzato i suoi ambiti di ricerca e, di conseguenza, i suoi progetti fotografici. Il suo interesse quindi è soprattutto antropologico ed umano. Le sue fotografie sono comparse in personali e collettive nazionali e internazionali in prestigiosi musei, fondazioni e luoghi d’arte fra cui palazzo Vigo a Catania, hiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietra Santa e il Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore a Napoli, al acro di Roma e alla Visual School of Art a New York.

Author: nuovoeditore

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