Dada’, radici partenopee e sguardo alla world music
Una curiosità cresciuta con lei, che la portava fin da piccola a “spiare” dalla serratura del Conservatorio di San Pietro a Majella, insieme a una musicalità teatrale e l’ambizione di andare oltre il Golfo di Napoli, la rendono indiscutibilmente un personaggio affascinante e contemporaneo.
La napoletana Dada’ (scritto proprio con l’apostrofo, tiene a precisare), al secolo Gaia Eleonora Cipollaro, ha un percorso artistico con radici che affondano nella musica classica e che approda, solo più recentemente, alla contaminazione tra generi diversi.
La giovane cantautrice originaria del centro storico e diventata popolare grazie alla sua partecipazione ad X-Factor 2022, sarà tra le protagoniste di “Le Vesuviane. L’altra metà di CantaNapoli”, spettacolo musicale di sole donne (in programma venerdì 28 luglio ore 21 all’Arena Flegrea, ingresso gratuito), in cui condividerà il palcoscenico insieme a Teresa De Sio, Simona Molinari, Flo, M’Barka Ben Taleb, Ebbanesis, Ste ed altre artiste. Intanto, sforna nuovi singoli dal suo album “Mammarella”, uscito a fine giugno, da “Verd mín” a “Tir Tir”, da “Cose e’ criature” a “Vesuvio”.
Dada’, sarà protagonista, insieme ad altre artiste, del progetto “Le Vesuviane”. Come affronta questa nuova sfida?
Col piede giusto, mi hanno voluta in una rosa di artiste che stimo, in primis Elisabetta Serio, ma tante altre, Tosca, Simona Molinari, è una esperienza sicuramente nuova. Non mi era capitato di condividere il palco con altre donne e tante altre piccole realtà napoletane che mi hanno incuriosita e con cui ho subito trovato una energia e una armonia dietro le quinte.
Cosa vuole comunicare con la sua musica?
Non mi piace darmi una definizione ma mi piacerebbe essere collocata nella “world music”, musica del mondo, quella che prende le mosse dal folklore ma si espande a livello internazionale. Credo fortemente nelle mie radici napoletane ma Napoli è, di per sé, una città parte di un progetto più grande. La mia cifra è la contaminazione e, allo stesso tempo, trovare un respiro oltre il Golfo di Napoli.
Quali sono stati i suoi riferimenti musicali?
Vengo dalla musica classica, suonavo la chitarra. A un certo punto, ho sentito l’esigenza di integrare al suono la parola in questo dialogo artistico col pubblico. Ho sempre ascoltato musica internazionale, cose anche distanti da Napoli, come Björk, il jazz e la musica afro-americana. Fino ad arrivare, in tempi, più recenti, a Carosone. Mi sono formata attraverso un ascolto attento di tutti i generi, oltre il piacere, me lo imponevo, come una specie di disciplina, per farmi l’orecchio anche a quello che inizialmente mi sembrava ostico.
Come avveniva questa ricerca?
Mi ha sempre guidato una grande curiosità. Ricordo che da piccola mi intrufolavo nel Conservatorio di Napoli per cerca di capire cosa ascoltare. Io ero a pochi passi, al liceo Vittorio Emanuele, ma seguivo musicisti molto più grandi di me, mi sono sempre confrontata moltissimo con gli altri, per costringermi ad avere orecchio.
Come è avvenuto, invece, l’incontro con il napoletano, che oggi è diventata la lingua dei suoi testi?
Durante il lockdown, ho trovato che nel mio repertorio, le canzoni mi venino meglio in napoletano, la mia voce risultava più vera. Ho cominciato così ad intrecciare la mia ricerca con questo nuovo linguaggio.
Come è cambiata la sua vita dopo con X-Factor?
X-Factor è stata una vetrina, mi ha dato uno spazio, quello spazio che dopo devi riempire di contenuti. Dal punto di vista personale, sicuramente è cambiata per gli impegni che ho avuto, il tour ha preso ritmi incalzanti che non mi aspettavo, ma si è finalmente aperta una finestra su Dada’.
Dada’, come nasce questo nome?
Big Fish mi propose di avere un nome diverso, insieme a mia madre ci venne in mente Dada, poi lo personalizzai, aggiungendo un apostrofo alla napoletana. E lo riempii di significati: per me è emblematico, odio le geometrie, gli schemi, il dadaismo è un po’ questo, segna una rottura, perciò questo nome è coerente con la mia poetica.
Ci parli del suo ultimo lavoro discografico.
È uscito a fine giugno il mio ep “Mammarella”, un progetto ricco, profondo, intimo, che contiene brani scritti a 17 anni come quelli più recenti, e ha come filo conduttore la dualità. Si tratta di una mia creatura nel senso più pieno: ho curato tutto in prima persona, dalla direzione artistica ai costumi, dalla fotografia agli aspetti della messa in scena, per molto importanti. Il teatro è un mondo che mi affascina tanto, vorrei unire, un giorno, musica e teatro.
Sogno nel cassetto?
Creare uno spettacolo completamente mio in cui esploro le varie dimensioni dell’arte: cantare, dipingere, recitare, giocare spaziando da una cosa all’altra, proprio come quando da piccola mettevo su lo spettacolino per la nonna.