Francesco Di Bella: “Suono come quando da ragazzino componevo musica nella mia cameretta”
Erano gli anni ’90 e loro erano quattro ragazzi che suonavano pezzi di denuncia ai concerti dei centri sociali ma erano anche capaci di raccontare i sentimenti, toccando corde più profonde. Proprio questo mix di ritmo e intimismo ha rappresentato la cifra stilistica dei 24 Grana, il gruppo formato dai napoletani Francesco Di Bella, Armando Cotugno, Renato Minale e Giuseppe Fontanella, di cui soprattutto i millenians ricorderanno brani come “Accireme”, “Kanzone doce”, “Luntano”.
La formazione partenopea continua ad esibirsi in full band (proprio domenica 16 luglio comincia il loro tour estivo in 4 date, informazioni sui loro social), ma il leader Francesco Di Bella, voce e chitarra, ha intrapreso, ormai da qualche anno, una carriera anche da solista. Lo ritroveremo, infatti, in questa veste nel concerto “Solo show” lunedì 17 luglio a Villa Pignatelli, tra i protagonisti della rassegna “Doppio Sogno” curata dalla Galleria Toledo con la Direzione Regionale Musei Campania.
Cosa è cambiato da quando cantavate con i 99 Posse ai concerti no global?
È cambiato il contesto politico e sociale. Il movimento no global è finito nel 2001 con la piazza di Genova, siamo cambiati anche noi nel frattempo. Eppure stupisce sempre vedere diverse generazioni, persone di 20 come di 50 anni, che cantano le nostre canzoni, canzoni scritte appunto un bel po’ di anni fa, ma in cui la gente ha il desiderio di riconoscersi perché si ritrova ancora in quelle istanze, in quella voglia di raccontare.
Cosa raccontavate voi?
Il carcere, gli stati psicologici, l’amore. Abbiamo perfino anticipato dei temi oggi di grandissima attualità. Penso al brano “Metaversus”, ispirato a un libro underground, in cui si parla di un mondo asfittico e di una dimensione dell’altrove in cui ci si può rifugiare e da cui si può persino non tornare più. Abbiamo rappresentato, con i nostri testi, una testimonianza di quegli anni, provando sempre a far ballare ma allo stesso tempo riflettere la gente, il ritmo e il pensiero critico sono sempre andati insieme nel nostro sentire.
Il napoletano nelle canzoni dei 24 Grana: una costante. Perché?
Un po’ per le radici urban della band, un po’ per la voglia di esprimersi in uno slang, che poi portava con sé anche quella di approfondire le nostre tradizioni, alla scoperta della canzone napoletana.
Poi a un certo punto, Francesco Di Bella si stacca dal gruppo e intraprende (anche) una carriera da solista. Ne sentiva l’esigenza?
Dopo ben 18 anni, migliaia di concerti e di creatività condivisa, c’è un momento della vita in cui si cambia, quello in cui ti trasformi in qualcos’altro, metti su famiglia. Io mi sono sposato, ho avuto due figli, cambiando la mia vita, ho avuto la necessità di uscire da quelli che potevano diventare dei cliché, sono andato a cercare la mia scrittura per altre strade, fino a riunirmi nuovamente ai miei compagni di viaggio, come racconta il mio brano “A Raccolta”. Quelli recenti sono stati anni in cui ho avuto collaborazioni importanti, sono cresciuto tantissimo.
Oggi, quale è la cifra stilistica della sua musica?
La mia vita, quello che comunico è la mia crescita, il cambiamento, come da ragazzo raccontavo quanto fossi squattrinato, oggi racconto quello che mi accade, in una vita tutto sommato normale, con la mia famiglia, che considero il mio bene più grande, rivolgendomi a chi vive le mie stesse condizioni o ci si ritroverà. Vivo il mio essere artista come vivo il mio essere padre di famiglia, sono inscindibili le due cose. Ma allo stesso tempo, mi piace pensarmi come quando ero un ragazzino e suonavo nella mia cameretta.
Il brano a cui è più legato?
Difficile rispondere a questa domanda con un repertorio di oltre un centinaio di canzoni, ognuna con una sua storia. Forse potrei dire “Kevlar”, un brano romantico che ha visto fiorire tanti amori, in tanti mi raccontano di essersi innamorati su questo pezzo ai concerti dei 24 Grana. Del resto ho scritto questo testo nel 2000, dedicandolo a mia moglie.
Il segreto per andare avanti e riattualizzarsi?
Il fatto di non avere mai paura di ripartire dal basso, avere una discreta dose di umiltà, quello che ci insegnano ma che quasi mai rispettiamo. Avere lo stesso atteggiamento quando ti esibisci davanti a una platea di 10mila o 50 persone, senza la paura di dover rispettare delle aspettative.
Cosa proporrà al suo pubblico lunedì a Villa Pignatelli?
Farò un concerto intimo, confidenziale, voce e chitarra, secondo una scaletta cronologica, dal primo brano dei 24 Grana a quelli più recenti della mia carriera da solista. È un pretesto per raccontare quello che è successo intorno oltre che dentro alle mie canzoni. Porto in giro quello che già da qualche mese sto facendo, il ritorno a qualcosa di estremamente semplice, come quando ero un ragazzino e non la smettevo di sognare.