Lunedì, 23 Dicembre 2024

In Sala Assoli passano i Treni della Felicità

I Treni della Felicità racconta un episodio dell’immediato Dopoguerra che vede protagoniste le donne nell’organizzazione di convogli che hanno trasferito “in Alta Italia”, principalmente in Emilia Romagna, circa 70 mila bambini in condizioni di assoluta miseria da tutta la penisola.

Lo spettacolo andrà in scena il 21 e 22 marzo 2023 a Sala Assoli (Vico Lungo Teatro Nuovo, 110 - Napoli).

“Lo spettacolo prosegue la mia ricerca sulla storia delle donne, degli eroi perdenti e dimenticati, sui viaggi nello spazio e nel tempo. Le tre attrici interpretano con minime trasformazioni del corpo personaggi diversi, con la delicatezza che richiede il maneggiare storie di vite vere, comprese le loro; trascorrono le diverse età della vita in pochi minuti, muoiono e rinascono, si commuovono e dichiarano l’assoluta verità della loro finzione; si fanno attraversare da ottanta anni di Storia, sopravvivendo a violenze insopportabili ed esercitando eroismi dimenticati, accompagnate da un unico uomo in scena, un musicista polistrumentista, un uomo capace di dialogare con loro attraverso la musica, il ritmo e il rumore per creare un mondo sonoro che evoca tempi e spazi reali e immaginari”. Queste le parole della regista Laura Sicignano.

Il primo convoglio partì da Roma, Stazione Termini, il 19 gennaio del ’46. Non era più un treno di morte come i convogli dei deportati, ma ricostruiva la vita. A chiamarli “treni della felicità” fu il sindaco di Modena; a lanciare l’iniziativa furono le donne della neonata Udi, a partire dall’idea di solidarietà laica che animava Teresa Noce, battagliera dirigente comunista e partigiana da poco rientrata dal campo di sterminio di Ravensbrük.

I lunghissimi viaggi in treno rappresentavano per i ragazzini un percorso di formazione, anche segnato dal trauma dell’abbandono, che coincideva con la conoscenza del paesaggio italiano distrutto dalla guerra. Pur non essendo ricche, le famiglie ospitanti accoglievano i bambini come figli, nell’idea che l’Italia si sarebbe risollevata e ricostruita grazie alla collaborazione di tutti. I piccoli vennero rivestiti, mandati a scuola, curati, in cambio di niente, grazie anche all’appoggio del Pci, dei Cln locali, delle sezioni Anpi, delle amministrazioni e della popolazione in genere.

Si intrecciarono non solo storie pratiche di soccorso, ma storie emotive di relazioni e di affetti che poi durarono nel tempo. Storie di chi sapeva costruire comunità. In scena, tre donne - le attrici stesse - di età diverse e di diverse zone d’Italia si interrogano su quanto Storia e Memoria abbiano contribuito a costituire le loro identità presenti e attraverso quali meccanismi narrativi ciò sia accaduto, nel delicato equilibrio tra la finzione e la realtà del teatro. Indagano se e come sia possibile raccontare una storia del passato anche attraverso il proprio corpo e la propria biografia.

Il gioco della finzione teatrale inganna o è portatore di verità? La storia che sentono l’esigenza di narrare, interpretando un testo di due autrici, rappresenta un mito di fondazione dell’Italia, una storia che tuttavia è stata dimenticata. Lo spettacolo indaga quest’episodio dal punto di vista femminile, in una riflessione sulla maternità come condizione non solo biologica, ma anche etica e politica. Le tre interpreti restituiscono un affresco di un’Italia possibile, vissuta e sognata attraverso la solidarietà tra donne. La scrittura del testo è scaturita da una ricerca in archivi con testimonianze, lettere, diari e fotografie. La vicenda dei bambini che partirono con i treni della felicità è straordinaria al punto da sembrare oggi frutto di fantasia, ma è assolutamente vera e fa parte, per fortuna, della nostra storia.

Author: Redazione

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