Narcisismo: quando l'amore è tossico
“I narcisisti non dimostrano interesse per gli altri, ma sono indifferenti anche ai propri più veri bisogni”. Con questa frase lapidaria e spietata oltreché disperante, Alexander Lowen, padre della bioenergetica, nel suo celebre libro “Il narcisismo” raccontò il male di un’epoca, il ritratto dell’uomo contemporaneo che vive profondamente il dramma della sconnessione da se stesso, dal proprio corpo innanzitutto e quindi dalla sua profonda autenticità.
Società liquida, la definiva Bauman, popolata da uomini liquidi aggiungo, dove complice la virtualità di una rete sempre più onnipresente nelle nostre vite che ci fa credere connessi a tutti, viviamo in realtà l’ombra di una profonda solitudine e una carenza ontica, che racconta una mancanza precisa, il vuoto della parte più vitale e profonda di noi stessi. Come in un film vive la nostra immagine a tratti idolatrata, sostitutiva e fantasmatica che riesce a sopravvivere monca, solo auto rappresentandosi all’infinito, e solo nella misura in cui ci si anestetizza dal dolore. Questo tratto di profonda solitudine, di disperata sconnessione, di carenza del nucleo essenziale, e di dolore ricoperto da immagini sostitutive viene chiamato oggi narcisismo. Ho provato a intervistare la sessuologa e psicoterapeuta, oltreché esperta di problematiche della coppia, Sara Eba Di Vaio che vive ed esercita la sua professione a Roma ed è Presidente del centro Indivenire.
Dottoressa, si sente molto parlare oggi di narcisismo. È il male del secolo?
Viviamo in un’epoca narcisista… Chi non può dirsi narcisista? Lo siamo più o meno tutti, ovviamente c’è chi lo è in maniera sana e chi lo è in maniera patologica. È un atteggiamento legato alla stima del sé, si oscilla tra una buona autostima e una patologica celebrazione di se stessi.
Cosa favorisce l’atteggiamento narcisista?
Le immagini fragili del sé. La nostra è una società di identità fragili, alimentate da svariate insicurezze. La bassa autostima favorisce la patologia che spesso si accompagna a un atteggiamento di costante confronto con l’altro, e a volte a un tratto sadico maligno, che si esplicita attraverso azioni di potere sull’altro. Ci sono due tipi di narciso, il narcisista overt che è quello visibile, tutti più o meno lo riconosciamo come tale e il narcisista covert, più mascherato, passivo, a tratti timido e nascosto. Ma ugualmente patologico.
Dall’altra parte chi è la vittima predestinata?
In genere si disegna una dinamica che vede un narcisista in relazione con una persona dipendente, bisognosa di amore. Nella casistica è facile trovare più frequentemente narcisi uomini e donne dipendenti ma è vero anche il contrario. Lo vediamo più frequentemente perché in terapia vengono le “vittime” cioè le dipendenti che chiedono aiuto. Il narcisista essendo ego sintonico non si percepisce problematico. Viene in terapia per disturbi sessuali. Come sessuologa mi capita di avere allo studio narcisisti con problematiche legate all’erezione o alla performance sessuale, ma non focalizzati affatto sulla relazione con l’altro.
Questo è tipico del narcisismo… Lingiardi, il collega psichiatra e psicoanalista dà una definizione del narcisista che io amo molto. Lo definisce “funambolo dell’autostima” e lo racconta come una figura che cammina su una corda tesa oscillante tra un sano amor proprio e l’aspetto patologico dell’auto celebrazione eccessiva…
Qual è il classico copione del narcisista?
Inizialmente si mostra come l’uomo ideale, una sorta di principe azzurro che riempie di attenzioni il partner. Ecco perché la vittima predestinata è la dipendente che ha fame d’amore. Nell’incontro inizialmente le sembrerà di aver trovato finalmente colui che può riempire le sue carenze affettive. Ma presto il narcisista mostra il suo vero volto. Inizierà a criticare l’altra persona, a evidenziarne crepe e difetti. Lo fa perché specularmente vuole essere idolatrato e messo su un piedistallo e spera così attraverso la critica di spronare l’altro a darsi e dare sempre di più….
E in genere la vittima dipendente cade nel gioco, fa sempre di più per il partner narcisista, che inizia frattanto il gioco. Si avvicina e si allontana, sparisce per acuire il desiderio e per incidere proprio sulla ferita del dipendente, la mancanza, e poi riappare in maniera fluttuante per riprendere potere sull’altro. Fa giochi sadici, perversi, anche sessuali. È infatti frequente che anche lì si instauri un rapporto sbilanciato. La modalità tipica è la richiesta alla donna ad esempio di rapporti orali non reciproci, che in genere la vittima per sottolineare la sua specialità affettiva e insostituibilità concede…
Oggi poi con i linguaggi della rete è ancora più facile creare questo gioco. Sono le classiche dinamiche del gosthing e dell’orbiting…
Avrà sentito parlare di uomini che scompaiono d’un tratto dalla relazione senza lasciare tracce e poi ricompaiono facendo appunto orbiting, cioè guardando lo stato dell’altro sui social, le storie, le fotografie su Instagram… È un modo come mantenere legato il dipendente attraverso un piccolo esercizio di potere.
Qual è la cosa che consiglia in questi casi alla dipendente?
C’è un solo modo per sfuggire alla trama perversa del narcisista, anche se doloroso: chiudere la relazione, ma chiudere davvero, non continuare a propria volta a orbitare, vedere cosa fa, guardare gli stati, i profili social etc. Io a volte consiglio proprio di utilizzare i linguaggi virtuali tipici, per esempio dico alle mie pazienti di bloccare l’altro sui social. È un modo per allontanarsi davvero e impedire all’altro di tessere i soliti giochi. A volte le dinamiche che il narciso intreccia sono davvero pericolose e dolorose...
Qual è la storia del narciso… Com’è diventato così?
Ha radici lontane… Nasce dal mito. Dalla storia di Narciso che si specchiava nelle acque. Narciso nacque da Liriope una ninfa che subì uno stupro, il narcisismo nasce da un atto di violenza. Liriope poi si rivolge a Tiresia, l’indovino che le profetizza che Narciso vivrà “si se non noverit”, soltanto se riuscirà a non conoscersi, quindi se non si guarderà mai allo specchio. La conoscenza di sé sarà la morte di Narciso. Una condanna insomma. Narciso non solo non potrà mai guardarsi in uno specchio ma non potrà realmente e autenticamente entrare in relazione con l’Altro (l’altro comunque ci fa da specchio), perché altrimenti morirà. La storia di Narciso si rivela quanto mai contemporanea in questa società di violenze, di femminicidi, una sorta di riscrittura spietata del mito. Ma aggiungo io, cos’è la morte in questi tempi di tabù della morte, se non la possibilità di attraversare la soglia e amare e essere vivi davvero? Una sfida per i nostri tempi virtuali, ma anche un auspicio, una cura.
Grazie dottoressa Di Vaio.