La Resistenza di una napoletana. Maddalena Cerasuolo
I giorni della Resistenza.
I giorni delle Quattro Giornate in cui Napoli fu liberata dai tedeschi.
I giorni delle donne del quartiere di Materdei, quel nugolo di case che fa da spartiacque tra la collina aristocratica del Vomero e il ventre popolare dei quartieri.
I giorni di Lenuccia, una donna combattente, una napoletana verace, Maddalena Cerasuolo, medaglia di bronzo al valor militare, eroina della Resistenza e agente segreto per il Regno Unito.
Oggi in questi tempi di guerra e di incertezza, dove altri popoli come noi allora, lottano per la libertà, la memoria è doverosa e arricchente, perché ci permette di riscrivere quei valori umani intorno a cui ruota la vita e il cuore di un popolo.
Ma chi era Lenuccia, la combattente di Materdei?
Lenuccia era figlia di Don Carlo, che bello e aitante somigliava a Vittorio De Sica, tutte le donne nel quartiere lo guardavano di sottecchi cercando di arruffianarselo.
Ma lui era un uomo d’onore fedele alla moglie… e Lenuccia era la figlia preferita; lui anti fascista fino al midollo, che non aveva mai voluto la tessera di partito, neanche quando poi era rimasto senza lavoro per via delle sue idee, era subito entrato a capo del movimento che voleva cacciare via i tedeschi da Napoli.
Un tempo lavorava come cuoco alla mensa dell’Ansaldo, e dopo il licenziamento si era dovuto industriare a fare pastiere dolci e casatielli e a venderli, ma poi quando erano finite le provviste di zucchero di farina e uova si era trovato a non sapere come portare avanti la famiglia.
Lenuccia non voleva fidanzati, amava troppo suo padre. «Papà, veng cu te!» gli diceva appena vedeva il padre industriarsi ad andare da quelli della Resistenza.
Così uscivano da Materdei e andavano, incrociavano gli autocarri tedeschi e poi le truppe a piedi. Gli uomini portavano le armi e Lenuccia guardava.
Iniziò così a fare la partigiana in modo del tutto inconsapevole. Lenuccia preparava bombe. Le faceva con le bottiglie vuote di pomodoro, quelle della conserva.
Si riempivano di benzina fino all’orlo, poi sul collo si appendeva con lo spago la piccola bomba… E poi si lanciavano.
Si sparava da via Toledo al Vomero, da Monte di Dio alla zona del Duomo, a Piazza Trieste e Trento.
Sparavano gli ebrei, sparavano i nobili, sparava la povera gente. Si superava la paura di vivere o morire perché ormai era questione di sopravvivenza, i delinquenti tedeschi stavano rastrellando i figli di Napoli ed era come vedersi togliere un pezzo di gamba o di braccio.
Napoli i tedeschi non li vuole.
Non è tempo degli alleati o degli americani. È il tempo della gente comune, quella della città in fiamme, quella che ha sofferto la fame e i bombardamenti, quella del figlio al fronte che non è tornato…
Stanno tutti uniti vicini, non si dicono quasi niente, poche parole, qualche sussurro, si passano la pistola o il fucile… un unico corpo, un unico movimento vivo.
Lenuccia imbraccia il fucile, tira a sé il grilletto e spara.
Spara senza vedere più su chi spara… per avere ancora forza di sparare. Per non essere sopraffatta dalla pietà.
Lei spara mentre rivoli di sudore e pianto le bagnano il volto e la spalla su cui poggia il fucile diventa livida.
Si è tramutato in gesto quasi d’abitudine. Grilletto e spara. Spara e grilletto.
Non vede, obbedisce a un ordine del corpo.
Spara e sei salva.
Così si vedono morire i nostri e i soldati tedeschi, tutti insieme in un’unica onda indistinta.
Ma si combatte, si combatte per essere liberi, per avere di nuovo un domani in cui credere, per mangiare un po’ di pane e bere l’acqua dell’acquedotto che scorre nelle tubature sotto il ponte.
Si combatte per avere pace, in un mondo che pace non ha.
Tante volte nell’arco della sua lunga vita, fino alla sua morte, nel 1999, Maddalena Cerasuolo ripensò a quei giorni. Alle soglie di un altro secolo, in quei vichi le capitava di risentire l’odore acuto del sangue, poi riviveva quelle quattro giornate immortalate nel segreto del suo cuore, il popolo unito tutto dalla fame di libertà e le tornavano in mente i ragazzi tedeschi che tra quelle strade avevano chiuso per sempre gli occhi.
Infine siamo tutti uguali poveri e ricchi, napoletani e tedeschi, buoni e cattivi.
E abbiamo bisogno di pace.
Oggi come ieri.