Rivoluzione Pop. Da Premio Napoli a Campania legge
Il Premio Napoli diventa giovane e si trasforma in Campania legge.
Scende dalle cattedre e va tra la gente, tra i ragazzi, grazie a Maurizio De Giovanni.
Una vera e propria “evoluzione” quella portata avanti dallo scrittore napoletano, un progetto che mira a togliere dai luoghi polverosi della cultura old style la lettura e la scrittura e a riportarli nel cuore vitale della città, nel ventre di Napoli, tra i ragazzi disagiati, nei quartieri più popolari.
Un modo per restituire alla cultura l’antico valore formativo quel valore che costruisce sogni e futuro per i ragazzi e può toglierli dalla strada, dalla dispersione scolastica, da una vita difficile, destinata alla malavita, da un domani senza speranza. Il libro deve andare nelle carceri, negli ospedali, dice De Giovanni, insomma in tutti quei luoghi dove la cultura può fare la differenza.
Il ricordo va a Pasolini che attraverso i suoi libri “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta” aveva scritto e raccontato dei ragazzi di borgata, dando loro spazio e voce e vita.
Il nuovo modo di De Giovanni è reinterpretare la logica del Premio. Non tanto intesa in chiave competitiva, ma in chiave “umana” restituendo la bellezza della lettura agli occhi dei ragazzi, e non solo della lettura, perché apre il premio ad altre forme espressive in linea con i nostri tempi, aggiungendo nuove categorie dedicate ai testi delle canzoni, alla graphic novel, con un coinvolgimento diretto di artisti e di persone del mondo dello spettacolo, fino al dibattito con gli influencer.
Il libro da oggetto consunto e fuori moda si apre alla complessità e al nostro mondo globalizzato, in linea con una città sempre più aperta al mondo, dove si uniscono tradizione e innovazione, i valori antichi di una terra fuori dal tempo e la multiculturalità di un universo senza dighe e frontiere in linea con la digitalizzazione e la tecnica.
D’altronde, in una società dove sembra ormai sempre più alle porte l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e dove il Metaverso non è più un progetto lontano, saremo sempre più robotici e inermi, inghiottiti nella sfera del virtuale e prigionieri delle mille visioni fantasmatiche o riusciremo a usare in modo intelligente la tecnologia coniugandola con la cultura, cioè con l’arte, la creatività e i valori fondamentali dell’humanitas?
Questa sembrerebbe la sfida del futuro.
E un modo efficace per affrontarla potrebbe proprio essere quello di aprire le frontiere del modo di fare cultura. Come Warhol negli anni Sessanta si rese conto che c’era bisogno di reinterpretare l’arte per non renderla desueta e fuori dal tempo e rese l’ambiente urbano e l’oggetto della società dei consumi spettacolo visivo, così anche oggi serve un’operazione Pop per far uscire dallo stato comatoso l’oggetto libro e restituirlo alla contemporaneità, perché non finisca dimenticato in una libreria come oggetto di culto o di noia.
Deve ritornare vivo, qualcosa alla portata di tutti, nazionalpopolare, trasversale, aperto alle altre forme espressive, fluido, in movimento…
Serve reinterpretare la chiave intellettuale e farla uscire fuori dalle accademie.
Serve far capire che la cultura cambia il mondo, non è roba fine a se stessa, della scolastica. Se sai come usarla hai una bussola nella vita esattamente come utilizzi Google Map….
La cultura, questa roba dimenticata, fraintesa, resa meccanica da sterili nozioni ripetute, la cultura… serve per accendere e scoprire dentro di sé un talento o semplicemente quella capacità di catturare i valori esistenziali intramontabili non per farne concetto astratto ma per tradurli nella prassi, nel gesto, nella vita quotidiana.
Serve per com-prendere. Cioè prendere dentro di sé la vita, cosa significa essere vivi, curiosi, aperti, flessibili, partecipi.
E poi c’è la città… che non è solo Napoli ma è Campania felix, cioè la terra che rappresenta questo punto d’incontro, così poco omologabile, così versatile, ricca di patrimoni culturali ed esistenziali, con la sua gente, diversamente fiera e diversamente creativa, trasversale, oltre le regole e promotrice di altre regole, quelle di Antigone, quelle del cuore…
È qui, proprio qui, che c’è la congiuntura storica. Qui, proprio qui potrebbe nascere quel punto d’unione che supera le criticità, quel punto esatto e preciso tra antico e nuovo, tra sapere millenario e contemporaneità, dove fiorisce l’individualità.