Svimez: un campano su 2 a rischio povertà ed esclusione
Un campano su due è a rischio povertà ed esclusione. È quanto emerge dallo studio di Svimez diffuso in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà. In particolare, nella nostra regione sono a rischio 2 milioni e 800mila persone su una popolazione di 5 milioni e 600mila residenti
Si tratta di numeri inseriti nell’ambito di un dato nazionale che evidenzia una quota molto maggiore nel Mezzogiorno (41,2% pari ad 8,2 milioni di persone) e di una minore nel Centro-Nord (17,4% circa 6,8 milioni). Nel Mezzogiorno non c’è una diffusione territoriale omogenea: in cinque regioni (Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Sardegna) è a rischio povertà ed esclusione circa un terzo della popolazione, in Calabria e Sicilia il dato è poco sopra il 40%, in Campania è al 50,2%.
L’indicatore di rischio povertà ed esclusione è un indicatore di povertà relativa che resta sostanzialmente stabile negli ultimi 15 anni intorno ad un quarto della popolazione nazionale e al 41 – 42% della popolazione meridionale.
All’interno di quest’area tuttavia aumenta decisamente la quota di persone per le quali la condizione di disagio è maggiore rappresentata dalle persone in povertà assoluta: le famiglie in povertà assoluta passano da poco meno di 800 mila nel 2006 a circa 2 milioni negli ultimi due anni (da circa 350 mila ad 800 mila nel Mezzogiorno). Le persone da circa 1,7 milioni a 5,6 milioni. Negli ultimi 15 anni il numero delle persone in povertà assoluta nel Mezzogiorno è più che triplicato passando da 780 mila circa del 2006 a 2 milioni 455 mila.
Nel 2021, l’incidenza della povertà assoluta resta sostanzialmente stabile 7,5%, era al 7,7% delle famiglie nel 2020 mentre quella individuale resta al 9,4%). Il dato nazionale sottende un miglioramento nelle regioni del Centro-Nord ed un sensibile peggioramento nel Mezzogiorno.
Nel Mezzogiorno, dove le persone in povertà assoluta sono 2 milioni 455 mila (195mila in più rispetto al 2020), si confermano le incidenze di povertà più elevate: il 12,1% per gli individui (in crescita dall’11,1%), il 10,0% per le famiglie (826 mila erano 775 mila il 9,3% nel 2020). Nel Centro-Nord scende al 6,4% per le famiglie era al 7% nel 2020 ed all’8,0% per le persone era all’8,6% nel 2020.
A livello nazionale anche tra le famiglie con persona di riferimento occupata l’incidenza della povertà assoluta è sostanzialmente stabile, da 7,3% del 2020 a 7,0% (quasi 922mila famiglie in totale), a sintesi di un miglioramento per questo tipo di famiglie al Nord (da 7,9% a 6,9%) e di un lieve peggioramento nel Mezzogiorno (dal 7,6% all’8,2%). Sono circa 280 mila le famiglie meridionali con persona di riferimento occupata ad essere in povertà assoluta.
L’anello debole: il rapporto di Caritas
E sempre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, celebrata lo scorso 17 ottobre, Caritas Italiana ha presentato il Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”.
Dal rapporto emerge che nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente).
L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%). In riferimento all’età, i livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto il la media nazionale). Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, le famiglie con persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni, i bambini di 4-6 anni, le 2 famiglie degli stranieri e quelle con almeno un reddito da lavoro. È cresciuta meno della media per le famiglie piccole, con anziani, composte da soli italiani.
Ciò che viene fuori è che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dai disastrosi effetti della pandemia, ancora in corso, e dalle ripercussioni della vicina guerra in Ucraina. Nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini.
Tra gli “anelli deboli” ci sono i giovani, colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito; alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario.
Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente. Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.
Non si tratta sempre di nuovi poveri ma anche di persone che oscillano tra il dentro e fuori dallo stato di bisogno. Il 23,6% di quanti si rivolgono ai Centri di Ascolto sono lavoratori poveri. Tale condizione tocca il suo massimo tra gli assistiti stranieri: il 29,4% di loro è un lavoratore povero.
Il Rapporto si conclude con una valutazione delle politiche di contrasto alla povertà, con particolare attenzione alle prospettive di riforma e investimento derivanti dal PNRR e dal programma europeo Next generation EU.