Venerdì, 27 Dicembre 2024

Daniela, con le donne contro il maschilismo che ancora domina nel mondo del lavoro

Lo sguardo fiero sotto una cascata di riccioli biondi, Daniela entra in una stanza e in pochi minuti si è rapiti dal vortice della sua incontenibile energia. Sociologa e con un lungo percorso di operatrice sociale all’attivo, oggi è a capo della cooperativa EVA, una fra le cooperative a sostegno delle donne vittime di violenza maschile più importante del sud Italia.

“Il mio incontro con il questo mondo tutto al femminile è legato ad una persona in particolare: Lella Palladino. La sua guida è stata determinante in un momento della mia vita in cui, fresca laureata, muovevo i miei primi passi professionali ma avevo anche mille idee che faticavo a mettere in pratica”. L’incontro con Lella Palladino, che la cooperativa Eva l’aveva letteralmente messa in piedi e diretta dal 1999 al 2016, ha fatto comprendere alla giovane sociologa cosa avrebbe voluto “fare da grande”. “Quando conobbi Lella e iniziai a lavorare con lei passai, come si dice, dall’altra parte – scherza Daniela – prima di entrare in cooperativa mi occupavo infatti di risorse umane per un’azienda profit e mi capitava spesso che mi si richiedesse di valutare negativamente, fra le candidate, chi avesse figli piccoli o chi l’età per diventare madre. Quell’esperienza mi è tanto servita nel mio lavoro con EVA perché oggi, al contrario, il mio lavoro consiste proprio nell’abbattere quelle barriere aiutando le donne che incontro nei centri antiviolenza ad accrescere le proprie competenze e a trovare lavoro”. A pochi giorni dai tragici fatti di cronaca legati all’assassinio di Giulia, ennesima vittima di femminicidio, Daniela non può non spendere una parola a riguardo. “La nostra è una società patriarcale, ciò che mi veniva richiesto nell’azienda in cui lavoravo appartiene ad una mentalità dominante che porta a considerare la donna di proprietà dell’uomo. Bisogna partire dalle scuole, dall’educare i bambini ai sentimenti. Se insegniamo ai bambini che piangere non è “roba da femminucce”, che se un bimbo vuole può coccolare un bambolotto, che non bisogna essere sempre forti ma si può anche mostrare debolezza cresceremo generazioni di futuri uomini che troveranno assolutamente normale rispettare la compagna e sostenerla nelle sue scelte. Un cambiamento culturale è necessario nell’interesse di tutti, maschi e femmine. L’uomo violento lo è non perché malato o perché ha un disturbo di personalità, lo è perché ritiene di avere il diritto – proprio perché socialmente legittimato – di esercitare il potere su quella persona perchè donna”.  

Author: nuovoeditore

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