'O quattr'e maggio
Anticamente il 4 di maggio scadevano i contratti d’affitto e quindi era il giorno deputato ai traslochi, agli sfratti, termine che a Napoli non indica per forza uno sloggiare forzato e violento ma anche semplicemente lo svuotare casa. Per estensione del termine, o quattr’e maggio indica tutto quello che un cambio di casa comporta: il cambiamento, la rivoluzione, e anche il casino.
Il nostro meraviglioso viaggio dell’Eroe si conclude quindi in una data simbolica, la data del cambiamento. Della rivoluzione che negli anni ha messo in atto questa squadra, questa società, e anche la città.
Rivoluzione, non miracolo. Questo non è uno scudetto (ecco, ora posso smetterla di chiamarlo Coso, che liberazione) che è venuto fuori un giorno all’improvviso, non è un miracolo di San Gennaro (che comunque ringraziamo per il costante supporto, ci mancherebbe), ma è stato costruito in tutto l’arco dell’era de Laurentiis con intelligenza,
competenza e lungimiranza. Venivamo dalla C, in tre anni siamo tornati in A, e negli ultimi 14 anni siamo arrivati sempre nei primi 4 posti, sempre in Europa. Queste cose qua le fa una società seria, non le fanno i miracoli.
È lo scudetto di una squadra di talenti guidata da un allenatore di talento che ora si gode la giusta conclusione del viaggio dell’Eroe: ricompensa, via del ritorno, resurrezione e ritorno con l’elisir. Oggi tornano, i nostri eroi, e domenica sarà di nuovo festa, contro la Fiorentina al Maradona, come quando si chiamava San Paolo, il 10 maggio del 1987.
Come si assomigliano e come sono diversi, questi due scudetti. Sono diversi perché quello era lo scudetto di Diego, questo è lo scudetto di una squadra intera e sarebbe difficile - è anche ingiusto - individuare un responsabile. Anche questo in qualche modo è lo scudetto di Diego, nel senso che è dedicato a Lui, al dio del calcio che ci ha amato e ci ha scelto come il suo popolo: se ci pensate, noi siamo l’unica squadra al mondo, di qualsiasi sport, che giochi nel segno e con la faccia sulle maglie di un "giocatore".
Giochiamo nel segno della divinità (sempre per il fatto che siamo greci!)
Sono diversi perché quello era sentito come il riscatto di una città, dei ragazzi "che si scordano i problemi e si mettono a cantare". Dopo 33 anni siamo una delle prime città turistiche d’Europa, i problemi ci sono ancora, e pure tanti, ma abbiamo capito che uno scudetto non te li risolve. Se di riscatto si è trattato, è stato unicamente sportivo.
Si assomigliano per la gioia, la festa, il bordello, i fiumi di persone per le strade, sul lungomare, le bandiere. Per l’esplosione di una gioia infinita, per le lacrime di felicità mischiate col prosecco.
Che meraviglia, che assoluta, incontenibile meraviglia che ci avete regalato. Grazie, ragazzi.
Non per mettervi ansia, ma a casa mia abbiamo brindato al quarto.