Undici
Mentre scrivo abbiamo undici punti di vantaggio su chiunque, dopo undici vittorie consecutive. Per undici in campo. Queste coincidenza numerologiche un po’ magiche a me fanno un certo effetto, poi magari non significano niente, ma mi emozionano. Già stasera magari non lo saranno più, ma per ora...
Per l’ultima partita prima della pausa in genere mi rivolgo a Babbo Natale, ma siccome non è il 13 dicembre, e la pausa non è per Natale ma per un Mondiale a dicembre in Qatar non farò la letterina (Mi sento un gatto a cui abbiano spostato la poltrona preferita: ho perso tutti i punti di riferimento e non so che fare. Niente panico. Dicevamo). Tanto gli chiedo sempre la stessa cosa: il metabolismo veloce e quellacosallà. Al primo non ci credo più, e del secondo non voglio parlare. In realtà, fateci caso, nessuno ne vuole parlare.
L’ultima volta che era successa una cosa così ne parlavamo tanto: non mi riferisco ai giornalisti, ai talk show, alle trasmissioni sportive che di qualcosa dovranno pur discorrere e anche se hanno fatto finta di niente fino a l’altro ieri del fatto che stiamo soli lassù, dovranno pur dire qualcosa. Parlo di noi. Di quelli che vanno allo stadio, che la guardano sul divano con gli occhi spiritati, la sentono alla radio perché stanno lavorando e poi si incontrano. Al lavoro, al supermercato, al bar. Parlo di me. Parlo di te. Andiamo, non dirmi che succede solo a me. L’ultima volta che è successa una cosa così parlavamo solo di quello, dappertutto, in preda a un entusiasmo incosciente e beato. Ora facci caso, non ne parla nessuno.
«Hai visto ieri?»
«E come, non visto...»
«Patatern...»
«...»
Paghi il caffè, lanci uno sguardo al barista/cassiere/altro collega che è appena arrivato che solleva lo sguardo, inarca le sopracciglia e sussurra «Patatern...».
E tu rispondi: «Eh».
Basta, fine delle trasmissioni.
Forse non abbiamo il coraggio, o abbiamo perso la voce, ma qui ormai vige un silenzio commosso sul Napoli. Ci guardiamo, sorridiamo. Alziamo un sopracciglio. Possiamo commentare la singola azione, o la prestazione di un giocatore, la risposta è sempre la stessa «Patatern...».
Mi arrivano i messaggi di amici interisti che sono dalla nostra parte e io non so che dire, perché sono talmente travolta da quello che succede, e ho talmente paura che non sia vero, sono così terrorizzata dall’idea di aver sognato che non parlo. A massimo mando un cuoricino azzurro e insulto la Juve (che è come il nero, sta bene con tutto).
Anche di quello che è successo con l’Udinese, ne vogliamo proprio parlare. E parliamone...
Del gol di Osimehn, capocannoniere? Con Elmas che lancia col destro dalla fascia sinistra, Osimhen sale e la butta dentro di testa?
Del gol di Zielinski? Ma che vogliamo dire? Nel momento in cui il Napoli non stava giocando, e l’Udinese stava quasi per pareggiare un contropiede letale del Napoli con Osimhen che trascina su di sé due avversari e serve Lozano di tacco. Il messicano alza la testa e vede Zielinski tutto solo al limite dell’area avversaria, il polacco prende la mira e infila Silvestri con un destro a giro perfetto. Come vuoi commentare se non «Patatern...».
E del destro di Elmas lasciato in mezzo a una prateria dalla difesa dell’Udinese?
E dire che non hanno giocato ai livelli consueti, che erano stanchi e ci manca Kvara, per dire. Che è stat una partita così così e per una volta è vero, il Napoli forse non meritava neanche di vincere. Ma non ce ne frega niente, scusate.
Cosa ci aspetta ora? Una pausa lunga e strana, pochissimi napoletani impegnati nei mondiali (buono, ottimo) per ripartire freschi e tosti a gennaio. Con l’Inter. Patatern.