Ciao Smemo, ci mancherai
La notizia è da fare accapponare la pelle ai vecchi nostalgici demodé: la Smemoranda è fallita.
Il 20 gennaio 2024 è andata deserta l'asta per rilevare l’iconico marchio e quindi (almeno per ora) ci tocca salutare il simbolo di una generazione che utilizzava la storica agenda sia per segnare le date dei compiti di latino sia per ricordarsi di robe filosofiche tipo: “Se ti alzi e non vedi più il sole. O sei morto o sei tu il sole”.
Un addio che è il segno tempo che passa dove l’agenda non si usa più, tanto sta tutto sul cellulare.
Inventata nel 1978 da un gruppo di studenti universitari, la Smemo è stata la vera protagonista degli anni Ottanta e Novanta che arrivava a pesare cinque sei chili per tutta le cose che eravamo capaci di infilarci dentro (solo per ricordare qualcosa: lo scontrino del prima Coca Cola bevuta con la ragazza della III C, i poster di Madonna e la brutta copia del tema di italiano che ci piaceva assai).
I suoi fogli a quadretti non hanno accolto solo i pensieri più profondi dei boomer ma anche articoli, opinioni, saggi, pensieri che promuovevano l’ambientalismo, la solidarietà e il pacifismo (tra i tanti hanno scritto sulla Smeno Federico Fellini, Roberto Benigni, Michela Murgia, Sfera Ebbasta).
Un vero lutto per tutti coloro che in quegli anni erano sempre indecisi tra Invicta e Seven, tra Comix e Smemo, tra Levi’s ed El Charro.
Sono, infatti molti i marchi che, come l’agenda con la mela nel logo (Apple parcheggiati!), hanno avuto un successo incredibile negli anni di Non è la Rai ma che poi sono falliti, senza mai finire nel dimenticatoio.
Anzi, restano impressi nella memoria collettiva.
Come dimenticare El Charro e i jeans a zompafuosso (i moderni li chiamano pantaloni alla caprese!): non eri nessuno senza la “rosa” cucita sui jeans.
Come scordare le cartelle a fiori firmate Naj-Oleari?
Oggi il marchio status symbol per “le paninare” fa parte del gruppo Bottega Verde, azienda specializzata in cosmetica.
Le felpe Best Company non sono poi solo un indumento, sono la storia degli adolescenti cresciuti a pane e Spuntì (la crema spalmabile nata negli anni ’80 che aveva il sapore di qualcosa ma nessuno sapeva esattamente di cosa).
E se dicessimo “Bontempi”?
Eccoci tutti alle scuole medie nell’ora di musica mentre “impariamo” a suonare la diamonica, uno strumento musicale dal suono satanico e che si azionava soffiando in tubo di plastica (tutti sapevano fare il jingle della Mulino Bianco ma i più temerari dopo l’utilizzo facevano roteare il suddetto tubo sui compagni provocando una schifosissima pioggia di saliva!)
Non possiamo concludere questa carrellata amarcord di brand se non con i napoletani Onix e Phard che hanno vestito tutte, ma proprio tutte, le ragazze degli anni Novanta.
Gli stilisti Made in Naples hanno abbigliato in modo alquanto discutibile le lolite di Non è la Rai che in quegli anni, con le loro frangette e i volant colorati, dettavano legge in quanto a moda e tendenze.
Perché diciamolo pure: Ambra, Ilaria, Pamela e tutte le ragazze di Boncompagni sono le state le prime vere influencer della storia (Chiara Ferragni prendi appunti!)
Con l’asta deserta, la Smemoranda fallisce e con lei se ne va pure un pezzo di una generazione che ancora usava penna e carta per imprimere pensieri e per raccontarsi.
Per riconoscersi.
Senza post, senza social e senza foto profilo.
PS: Possiamo però consigliare a nostalgici non la nuova Agendo che a Semoranda e simili non ha nulla da invidiare!