Franca Viola: libere tutte
C’erano una volta i matrimoni riparatori e il delitto d’onore.
C’era un tempo in cui lo stupro era considerato un “reato contro la moralità pubblica e il buon costume” (solo nel 1996 – capite, nel millenovecento novantasei - diventa un reato contro la persona).
C’erano anni in cui le donne erano colpevoli persino di essere donne.
C’era una volta – e neanche tanto tempo fa - Franca Viola, i suoi diciassette anni e un’Italia che considerava la donna come proprietà dell’uomo.
Siamo ad Alcamo, bellissimo paesino in provincia di Trapani, nei primi anni Cinquanta.
Franca Viola, giovane figlia di due contadini, si innamora di Filippo e con lui a 15 anni si fidanza.
Una cosa normale se non fosse che Filippo, nipote di un noto malvivente della zona, viene arrestato per furto e associazione mafiosa.
Franca – con il supporto del papà - decide perciò di lasciare Filippo che scappa in Germania.
Rientrato in Sicilia e dopo qualche mese in carcere rivuole la SUA Franca.
Era la SUA, e la voleva.
Ma Franca e Bernardo, il suo papà, avevano deciso.
Non volevano un matrimonio con un mafioso.
I “no” non sono contemplati nella testa di certi maschi e così Filippo, il fidanzato rifiutato, passa alle minacce, brucia la casa dei Viola e distrugge il vigneto.
Ma niente, Franca non lo vuole.
È il giorno di Santo Stefano – il 26 dicembre del 1965 – Filippo si ripresenta a casa Viola e si porta via Franca.
La giovane diciassettenne viene tenuta prigioniera in un caseggiato isolato .
È malmenata, violentata e lasciata a digiuno.
Il giorno di Capodanno, il padre della ragazza è contattato dai parenti di Filippo per la cosiddetta paciata.
La paciata è quell’incontro post- fuitina che dovrebbe mettere la pace.
E sapete in questi casi qual è la soluzione?
Il matrimonio.
Per l’esattezza il matrimonio riparatore, un pratica oscena ma normalissima in quegli anni tant’è che era prevista nel codice penale.
L’articolo 544 recitava così: “il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
In altre parole, per il colpevole di violenza carnale il reato si estingueva se lo stesso si rendeva disponibile a sposare la vittima, spesso minorenne.
Ti violento ma se ti sposo non c’è reato: questo è il concetto in estrema sintesi.
La pratica era molte volte “richiesta” dalla stessa vittima e dai suoi familiari: ormai la ragazza era disonorata (non più vergine) e il matrimonio riparatore era l’unica strada per ripristinare l’onore perduto.
«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Viola non ci sta , anche se “disonorata” Filippo non lo vuole.
Così Bernardo finge di accettare il matrimonio riparatore e corre a riprendersi sua figlia.
Ma a casa di Filippo ci va con la polizia.
Abbraccia la sua bambina e fa arrestare Filippo e la sua famiglia.
Inizia così il processo penale che porta in carcere Filippo e i suoi complici.
Comincia con Franca, Bernardo e il coraggio di disobbedire il percorso per l’abrogazione dell’articolo 544 del codice penale, quello che legittimava lo stupro con il matrimonio.
Quella legge è stata cancellata nel 1981, solo nel millenovecento ottantuno.
Sedici anni dopo lo stupro di Alcamo.
La storia di questa giovane donna ha influenzato anche Viola Ardone: la scrittrice napoletana in “Oliva Denaro” si ispira alla vicenda per scrivere uno dei romanzi più belli e intensi degli ultimi anni.
L’8 marzo 2014, Franca Viola è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con la motivazione: “Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese”.
Quella dell’emancipazione femminile è una strada lunga, non è semplice uscire dal retaggio culturale ma storie come quella di Franca vanno ricordate.
Vanno raccontate più delle favole.
Perché ora più che mai abbiamo bisogno del “vissero LIBERI E CONTENTI”.
E a Franca , a quelli che con coraggio cambiano la storia, a quelli che disobbediscono con amore: GRAZIE!