Napoli, l’ex Whirlpool passa alla Tea Tek: salvi i 312 posti di lavoro
“Dopo quattro anni di vertenza arriva una bella notizia per noi lavoratori che in tutti questi mesi non abbiamo smesso di lottare per far valere un nostro diritto. Anche se ancora non cantiamo vittoria, perché ci sono state fatte tante promesse e sono state annunciate reindustrializzazioni mai concretizzate, iniziamo a vedere un futuro che ci era stato cancellato”.
Con queste parole Vincenzo Accurso, delegato della Uilm, interviene sulla vicenda della ex Whirlpool di Napoli che nelle scorse ore sembra essere arrivata a una svolta. Il commissario straordinario del governo per la Zes Campania, Giosy Romano, ha infatti comunicato che si è conclusa la procedura per il trasferimento del sito di via Argine a Tea Tek Group spa, azienda di Acerra attiva nel settore delle energie alternative.
Questo significa che i 312 lavoratori dello stabilimento napoletano, in Naspi da novembre 2021, saranno assunti dal gruppo campano che si è aggiudicato il bando per la reindustrializzazione dello storico sito. Così, con ogni probabilità, nella sede dove la multinazionale americana produceva lavatrici, la Tea Tek realizzerà pannelli fotovoltaici.
“Condizione necessaria del bando, al quale sappiamo hanno partecipato due imprese – continua Accurso – era proprio il riassorbimento di tutti noi lavoratori, rimasti uniti in questa battaglia. Purtroppo durante la vertenza abbiamo perduto un centinaio di persone, molte delle quali adesso non stanno vivendo un periodo florido da un punto di vista lavorativo. Chi di noi ha deciso di restare a combattere, sapeva che l’unione avrebbe fatto la forza per raggiungere un obiettivo concreto. Ora ci aspettiamo di essere convocati al più presto a un tavolo istituzionale dove saranno messi nero su bianco tempi e modalità del nostro passaggio al nuovo gruppo”.
Una vittoria non solo degli operai della ex Whirlpool, ma di tutto il Sud che crede nel lavoro come diritto sacrosanto.
“Quando siamo stati licenziati– conclude Accurso – la multinazionale ci ha messo di fronte a due strade: accettare una buonuscita oppure un reimpiego in uno stabilimento del Nord. Abbiamo rifiutato perché se avessimo detto sì, avremmo dato uno schiaffo a Napoli, al Sud. Avremmo salvato le nostre vite, ma non quelle di un territorio che, anche attraverso il lavoro, rappresenta un presidio di legalità. Ci siamo opposti alla politica di deindustrializzazione del Mezzogiorno e alla fine stiamo per cogliere i frutti di anni di sacrificio. Avevamo proprio bisogno di un piano industriale stabile e futuristico, come quello che si sta per realizzare”.