Venerdì, 16 Maggio 2025

Sexting e baby gang: allarme a scuola

Allarme tra i ragazzi delle scuole napoletane, che da un'indagine della fondazione I Figli degli Altri risultano coinvolti nel sexting e aspiranti affiliati alle baby gang. La Fondazione ha reso noti i dati di una ricerca condotta tra oltre mille ragazzi del biennio e del triennio delle scuole napoletane.

«Quasi il 90 per cento dei ragazzi intervistati chiede protezione psicologica in caso di sexting (fusione tra sex e texting) ovvero l’invio di comunicazioni che includono foto e video con dettagli intimi scritti in chat. Questo significa che il dato riguarda sia la partecipazione a chat pedopornografiche sia il bisogno stesso di difendersi da un meccanismo deviato. A questo si aggiunge l’esigenza, diventata ormai una moda, di avere relazioni tossiche che portino “malessere”. Inoltre, altro dato allarmante, è che il 30 per cento degli studenti ha dichiarato di appartenere o di volersi affiliare ad una baby gang. E questo non è emerso solo nelle scuole di periferia, come la logica porterebbe a pensare, ma anche nei licei del centro di Napoli». Gli studenti sono stati interpellati attraverso questionari anonimi, focus group e in incontri di ascolto, sensibilizzazione e rilevazione dei loro bisogni, con un focus sulla violenza giovanile, l’uso improprio del digitale e il disagio emotivo. Il progetto, denominato P.a.r.l.a (Prevenzione di aggressività, rischi legalità e abusi), è stato indirizzato a ragazzi di età compresa tra i 16 e i 19 anni. I dati, anticipati nel corso di un Charity Gala a palazzo Ischitella organizzato il 15 maggio scorso per raccogliere fondi, rilevano una realtà per certi aspetti contrastante: un 72 per cento dei ragazzi ha bisogno di figure di riferimento positive e l’80 per cento sente il bisogno di costruire un'immagine forte e rispettata di sé, a costo anche di entrare in circuiti devianti. Percentuale che si allunga fino all’85 per cento tra gli studenti del biennio, dove l’età si abbassa fino a 14 anni.

Il 95 per cento degli studenti reclama adulti coerenti, presenti e capaci di gestire relazioni, sia nelle scuole del centro sia delle periferie. Appare centrale per ognuno di loro il bisogno di adulti non solo competenti ma anche connessi con i mondi dei ragazzi.  Inoltre, più del 70 per cento dei ragazzi chiede un forte senso di protezione poiché i più giovani si sentono esposti o insicuri nel proprio contesto sociale, ed hanno estrema difficoltà a chiedere aiuto.

Da qui l’idea della Fondazione presieduta dalla la psicologa e psicoterapeuta Rosetta Cappelluccio di istituire sportelli di ascolto direttamente nelle scuole, per offrire un punto di riferimento stabile, uno spazio sicuro di ascolto in grado di fare rete, direttamente con le istituzioni, la polizia e i carabinieri.  «C’è un grande senso di vuoto tra i nostri adolescenti - commenta Cappelluccio - un bisogno di essere protetti, un bisogno di avere figure di riferimento, un aiuto nel capire quali sono le relazioni sane. Oggi c’è una relazione malata che parte dal basso, che parte dall’interazione precoce che le ragazze hanno: si parla di una relazione col malessere: un ragazzo che si distingue per atteggiamenti dannosi e possessivi, alimentando dinamiche di controllo nella relazione». «Spesso si comporta in modo distaccato, - spiega ancora la psicoterapeuta - evitando di scrivere o chiamare, generando insicurezza nella ragazza, che finisce per sentirsi dipendente dalla sua attenzione. Inoltre il ragazzo adotta un atteggiamento ribelle e sregolato, vantandosi di comportamenti trasgressivi come fumare a scuola.  Il malessere tende a controllare la vita della sua ragazza, imponendo restrizioni su come deve vestirsi e con quali amiche può uscire, vietandole spesso di avere amici maschi, privandola progressivamente della sua libertà e indipendenza. Arriva persino a monitorare il suo telefono, violando la sua privacy e, in alcuni casi, chiedendo foto intime, alimentando un rapporto di potere squilibrato e una dinamica di dipendenza emotiva e manipolazione. L’idea che fa tendenza soffrire e mettersi con una persona che fa stare male normalizza il dolore e il controllo in una relazione, allontanando le ragazze dal concetto di un amore sano e rispettoso. Quello che ci ha colpito, nella nostra indagine, è la normalità con cui alcune ragazze ne parlano, come se fosse un aspetto naturale delle loro esperienze relazionali. Una sofferenza che passa anche dal desiderio di affermarsi in un contesto sociale, che spesso esalta il dramma e il conflitto».

Altro dato interessante, che riguarda quasi l’80 per cento dei ragazzi intervistati nelle scuole, è la critica che essi fanno a modelli culturali devianti. Per molti di loro musica, social e serie TV promuovono modelli violenti e tossici. Nella maggioranza dei casi emergono carenze significative nella presenza di genitori, insegnanti o educatori capaci di offrire loro ascolto, guida e coerenza educativa. Dal report è emerso inoltre che il 90 per cento degli studenti soffre una percezione di insicurezza fisica e digitale. I ragazzi chiedono ambienti che non li espongano a giudizio, vendetta o esclusione.

«Attivare sportelli di ascolto nelle scuole – spiega ancora la presidente Rosetta Cappelluccio -  deve essere una necessità trasversale che va oltre il tessuto sociale. Quasi il 90 per cento dei ragazzi ha chiesto spazi di ascolto non giudicanti. Non a caso, alla domanda “Perché serve uno sportello d’ascolto, i ragazzi hanno risposto, quasi sempre, “Perché stiamo male e abbiamo bisogno di essere ascoltati».

«In generale, quello che è emerso dai risultati raccolti in tutte le scuole dove siamo intervenuti  - conclude Cappelluccio -  è che i ragazzi non sono passivi destinatari di interventi, ma soggetti attivi che chiedono rispetto della loro complessità, strumenti per difendersi e crescere, adulti empatici e competenti, comunità scolastiche che siano luoghi di fiducia. Dalla fragilità condivisa nasce una domanda collettiva di senso e di futuro. Accoglierla significa dare legittimità alla voce educativa dei giovani, costruendo politiche e interventi che partano dal disagio che essi vivono».

Lo studio si è svolto tra dicembre 2024 e aprile 2025 in sei istituti superiori di Napoli - Liceo Umberto, Istituto Superiore Ferraioli, Istituto Superiore Della Porta, Istituto Superiore Porzio Colosimo, ITC Mario Pagano - e in uno nel Comune di Santa Maria Capua Vetere, l’Istituto Comprensivo Principe di Piemonte.

Ida Palisi
Author: Ida Palisi
Giornalista professionista, esperta di comunicazione sociale, dirige l’Ufficio Comunicazione Gesco. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno per le pagine della Cultura.

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