Sabato, 07 Dicembre 2024

Primo Piano

Sanità, la cooperativa la Paranza porta la sua esperienza alla Commissione Europea

La cooperativa La Paranza ha presentato il processo di rigenerazione sociale del Rione Sanità al gruppo di esperti sul Patrimonio Culturale riunitosi a Bruxelles. L’incontro è avvenuto oggi, dopo che la cooperativa ha risposto all’invito della Commissione Europea, convinta che “l'esperienza della Paranza possa servire da esempio ad altre istituzioni e amministrazioni in Europa”.

I bambini non fanno sport. In Campania mancano le palestre nelle scuole

Cresce la percentuale di bambini che non praticano sport in Italia, una situazione che non è migliorata di molto dopo la pandemia. Secondo gli ultimi dati Openpolis dell’impresa sociale Con i bambini pubblicati qualche giorno fa (con riferimento all’anno scolastico 2022/2023), circa un minore su cinque nel nostro Paese non pratica una disciplina sportiva nel tempo libero. Va peggio al Sud, dove lo sport è negato anche a scuola, vista la scarsità di edifici scolastici dotati di una palestra.

Autismo, trend in crescita: la società non è preparata

«Quella dell’autismo è una curva in crescita e lo sarà sempre di più nei prossimi anni, ma la nostra società non è assolutamente preparata ad accogliere le persone che ne sono affette, dai bambini che non vengono tutelati, agli adulti per i quali non ci sono strutture adeguate nel nostro Paese». È un quadro a dir poco preoccupante quello che traccia Giovanni Marino, presidente dell’Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici) e membro della FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap).

Le persone con autismo costano troppo allo stato

Marino parte dalla sua esperienza personale per dare un senso, e un volto, ai numeri che riguardano il mondo dell’autismo: «Io ho due figli con autismo, il maggiore ha 43 anni, quando è nato, si contava un bambino autistico su 10mila nati, tanto che l’unico bambino che si conoscesse nel mio comune era lui. Oggi la proporzione è uno ogni 70 nati. Parliamo di una crescita costante, destinata ad aumentare sempre di più, anche grazie ai progressi della medicina. Tra venti anni, dico in maniera provocatoria, ce ne sarà uno su due, praticamente un’epidemia. E allora come faremo?».

Parole forti ma che rendono l’entità di un problema sociale che non sembra assolutamente all’ordine del giorno, tranne appunto nella “giornata dedicata”: «Una persona affetta da autismo, secondo l’Istat, costa allo stato 3 milioni di euro, per tutta la sua vita. È chiaro che si tratta di un costo insostenibile ma pare che la cosa non interessi a nessuno. Invece, dobbiamo occuparcene e come».

Seppure ci sia ancora molto da indagare anche a livello scientifico, la prima cosa da chiarire sull’autismo è che ha cause organiche, un fattore di rischio è l’età tardiva in cui vengono concepiti i bambini ma può incidere negativamente anche l’ambiente. «La prima cosa che dovrebbe fare lo stato è investire il più possibile nella ricerca scientifica» sottolinea Giovanni Marino, che dipinge una situazione che, se si può, è anche peggiorata negli ultimi anni.

Bambini e adulti: problemi diversi ma poche soluzioni

I bambini sono sempre meno tutelati. Le famiglie fino ad oggi hanno scelto per i loro figli la terapia Aba (Applied Behavioral Analysis, ovvero analisi applicata del comportamento) che, quando non era praticabile per le liste di attesa nelle strutture pubbliche, hanno praticato privatamente, chiedendo - successivamente mediante l’intervento legale e quindi il ricorso alla magistratura - il rimborso alle aziende sanitarie per le spese sostenute. «Ora che le linee guida sull’autismo non considerano più questa terapia come il metodo raccomandato e più efficace, temo che sarà sempre più difficile anche questa strada, per quanto anche questa fosse diventata di fatto un abuso. Il punto è che le persone con autismo non hanno bisogno di interventi monetari ma di servizi».

«Poi ci sono gli adulti – spiega nel dettaglio il presidente di Angsa – che non sono stati trattati come avrebbero dovuto, perché in passato per l’autismo si interveniva sulla madre non sul bambino, perciò di fatto versano in una situazione ancora più grave». Mancano strutture adeguate ai loro bisogni, ovvero non semplici residenze sanitarie per disabili ma gruppi appartamento adatti alle persone con autismo (se ne contano sulle dita di una mano in Italia, una di queste è gestita a Reggio Calabria dalla Fondazione Marino e ha 12 posti letto). «Nella migliore delle ipotesi, queste persone vengono lasciate a casa e se ne devono prendere cura i genitori, che però, nel frattempo, sono diventati vecchi, possono essere malati e quindi hanno bisogno, a loro volta, di essere curati e accuditi».

La discriminazione nella discriminazione: il paradosso dell’autismo

E quando non c’è la famiglia? Lì, dovrebbe intervenire la copertura della legge 112/2016 “Dopo di noi”, che, però, secondo Marino, «non è finanziata a sufficienza e non si occupa in realtà di persone autistiche». Infatti, per quanto possa sembrare paradossale, anche nel mondo della disabilità, c’è una discriminazione nella discriminazione. «La verità è che è difficile progettare servizi adeguati per persone autistiche, che rientrano nei disabili mentali, nonostante rappresentino la maggioranza. Questa cosa nessuno la vuole dire» denuncia il presidente di Angsa, facendo il punto, ancora una volta, sui numeri.

Le persone con autismo nel nostro Paese sono 500mila, altre 500mila sono i soggetti affetti da diverse forme di disabilità mentale. Questa “fetta di disabilità”, stando agli ultimi dati dell’Istat, quindi è pari a circa 1 milione di persone e incide su altrettante famiglie. Le persone con disabilità fisica e sensoriale sono invece circa 22mila (i non vedenti: 5mila; i non udenti: 6mila; le persone con disabilità motoria: 11mila). «I disabili mentali rappresentano un esercito di persone ignorate dalle istituzioni. Si pensi che nelle scuole italiane sono presenti nella percentuale del 95%, solo l’altro 5% è rappresentato da disabili fisici e sensoriali. Dobbiamo occuparci di questa maggioranza», ribadisce Giovanni Marino.

In questa situazione già così critica, la legge sull’autonomia differenziata darà il colpo di grazia, «acuendo ancora di più le differenze territoriali tra i diversi sistemi sanitari delle venti regioni italiane, ognuna con un proprio regolamento, una propria gestione e un proprio impegno di spesa».

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