Venerdì, 03 Maggio 2024

Recensioni

Natale in casa di donne: un’intensa critica della famiglia contemporanea

Andato in scena l’8 ottobre al Teatro Sannazaro di Napoli, nell'ambito dell'iniziativa Teatro Solidale, lo spettacolo "Natale in casa di Donne" di e con Sarah Falanga è una lucida e intima visione della famiglia di ieri, oggi e domani.

 A 120 anni dalla nascita di Eduardo De Filippo, Sarah Falanga propone una reinterpretazione della drammaturgia di Eduardo in chiave femminile. La grande regista, attrice, presidente dell’Accademia della Magna Grecia di Paestum è la Madre (il corrispettivo di Luca, il padre di Natale in casa Cupiello) in scena con un gruppo di talentuosissimi attori: Laura Mammone (Concetta), Pina Di Gennaro (Tommasina), Giusy Paolillo (Ninuccia), Luisa Tirozzi (una sorta di narratrice atemporale), Stefano Pascucci (Pasqualin), Christian Mirone (il marito di Ninetta), Damiano Agresti (il portiere). I costumi sono di: Leticia Craig, il disegno luci di Christian Mirone. Produzione: Accademia Magna Graecia & Teatrinedito Amg.

“Lo spettacolo è un’importante sperimentazione sulla dimostrazione dell’universalità della drammaturgia di Eduardo De Filippo - "è una mia esigenza emotiva ed intellettuale!" - afferma Sarah Falanga- L’interpretazione tutta al femminile dei personaggi del celebre copione “Natale in casa Cupiello”, troppo imitato e scimmiottato, è una grande sfida tesa a dimostrare che se è vero che Eduardo ha scritto testi di essenza e contenuto universale tanto da guadagnarsi un posto tra “i miti” del teatro, è anche vero che quella stessa drammaturgia non perderà la sua verità e la sua essenza se interpretata e non imitata…e l’universalità non conosce limiti di tempo, di maschere, di sesso. Insomma non possiamo continuare a pensare di frequentare i copioni di Eduardo De Filippo cercando di imitarne la maschera, sarebbe come non permettere alla loro poesia di vibrare libera da schemi e luoghi comuni”.

foto 1 natale in casa di donne

Il “Natale in casa di donne” di Sarah Falanga è un viaggio attraverso la famiglia che scopriamo non cambiare nel tempo la sua sostanza complessa, contraddittoria e intensissima e un viaggio nel teatro da quello pre - eduardiano al post Eduardo: da Scarpetta a Ruccello. Non manca una veste pirandelliana della messa in scena che ricorda la contaminazione del grande autore siciliano nella produzione di Eduardo.

Lucariello si chiama Filumena perché è Madre come è Madre straziante e potente la Marturano e nessuna meglio di Sarah può interpretarla con quella fisicità e il talento drammatico che ricordano quelli della Mangano. Filumena è una madre orfana del suo ventre, che come un’equilibrista cerca di mediare tra i propri sogni ed aspettative e i suoi figli che la sorte le ha dato in dono, tra il bene e il giusto, tra l’apparenza e la sostanza di una realtà precaria.

La scena si apre con la bella trovata scenografica di porre sullo sfondo a sconfinare nell’opera classica un’etera narratrice che dondola sull’altalena (della vita) bianca come l’infanzia e come la vecchiaia, le due età dell’uomo in cui non c’è responsabilità. Mentre è la responsabilità di far parte di quel nucleo originario che è la famiglia, che è il presepe che cercano e fuggono tutti i personaggi nell’arco dell’opera, nel conflitto tra l’essere personaggi e il voler essere persone (come ci insegna Pirandello).

Il presepe è composto da piramidi di pietre sovrapposte in equilibrio una sull'altra, una forma d'arte che si ritrova in più parti del mondo oggi, un totem di segni e sogni lasciati sulla via dai camminatori, pietre ricoperte dalla polvere del tempo eppure sempre fragili, spostabili, modificabili. Bianchi come pagine ancora da scrivere. L’intera messa in scena è sottesa ad energie e tensioni contrastanti tra l’accettazione delle cose che vanno alla malora e la necessità di intervenire per rimettere in piedi i pezzi. Tommasina è un’interessante Pina Di Gennaro, a metà tra una personalità borderline e Peter Pan, che viene cacciata dalla madre e poi ricercata, va via, ma poi torna.  Tommasina apre il discorso sotteso all’opera sull’ipocrisia, il detto e non detto. Le scarpe che ha rubato sotto al letto sono come la polvere sotto il tappeto che va nascosta come si nasconde il furto e il presagio di morte di Pasqualin che con la sua trasversalità sensuale e capricciosa omaggia Ruccello. Ninuccia è invece colei che sfida le convenzioni e l’ipocrisia, la ribelle che rompe l’ipocrisia, distrugge, ma lo fa in nome della verità, dell’amore che è poi il senso fondamentale senza il quale il presepe è vuota impalcatura. L’amore che Filumena riconosce dentro di sé finalmente come accettazione dei suoi figli anche se così diversi da lei. Tutti i pastori che Filumena vorrebbe posizionati secondo la propria visione, tanto che un fermo immagine li immobilizza sotto il suo sguardo come la sacra famiglia e gli animali nella grotta, scopre essere necessari con le loro infinite sfumature e contraddizioni a fare la vera famiglia. Quello di Natale in Casa di donne è un presepe che muta, si rompe e si ricostruisce ogni volta con pazienza, sacrificio e abnegazione tipicamente femminili.

Leggi anche l’intervista a Sarah Falanga

Soulbook: come disintossicarsi da fb ridendo

Il mondo dei social è andato in scena nel palinsesto del Teatro Solidale del Sannazaro con lo spettacolo Solulbook di e con Fabiana Fazio, che sottotitolerei: manuale per disintossicarsi in 1 ora e mezzo da facebook ridendo.

Soulbook è il mondo dei social network visto e raccontato da chi fa della propria vita una vita social e spalanca lo sguardo su un fenomeno ormai inarrestabile secondo cui, ora più che mai, bisogna essere sempre presenti e visibili per esistere. Lo spettacolo che ha debuttato l’anno scorso con successo è tornato al Teatro Solidale con due ottime motivazioni: comprendere facebook e il modo in cui lo usiamo ha una valenza sociale e psicologica fortissima e in più come spiega la poliedrica e bravissima attrice - che firma testi e regia (con aiuto regia Angela Carrano e assistente alla regia Serena Cino), fare teatro “è un piccolo importante segnale. Un modo per provare a dare una casa al teatro indipendente che, in una situazione difficile come questa che stiamo vivendo a causa della pandemia, corre il rischio di restare così indietro da scegliere la resa”.

 Soulbook è un invasore. È il nuovo grande colonizzatore. Vuole conquistare sempre più territori. Possedere tutti i suoi utenti. E tutti siamo utenti. Tutti siamo territori appetibili. Tutti siamo di Soubook. Anzi, tutti siamo Soulbook. Al di fuori di Soulbook tu non esisti. Io non esisto. Nessuno di noi esiste. O, almeno, nessuno di cui possa interessarci.

Ci sei se appari. Se ti crei un personaggio perché la vita normale non interessa a nessuno. Apparire è più importante di essere. Vero verissimo eppure divertente e agghiacciante rispecchiarsi in almeno una delle tante provocazioni delle tre utenti di facebook presentate nello spettacolo: la cinica e geniale influencer, la sfigata con spirito sociale e la fashion blogger stupidina. Perché come diceva Oscar Wilde: “Non importa che se ne parli bene o male l’importante è che se ne parli”.

Ad affiancare Fabiana Fazio, le altre bravissime attrici Annalisa Direttore e Giulia Musciacco.

La Fazio grazie alla scrittura ironica, attualissima e densa di sfumature e ai proverbiali tempi comici arriva dritto alla mente delle persone passando per il sorriso. Perfetta la sintonia e il ritmo tra le tre voci in scena e la coordinazione assoluta nelle coreografie che contribuiscono a diversificare e vivacizzare il racconto.

Le tre tipologie di utenti facebook che vivono in funzione dei like trascorrendo il tempo a ideare e sperimentare strategie più efficaci per ottenere un cuoricino in più sono specchi che lo spettatore non può evitare e anche qualora non si riconoscesse in una delle tipologie proposte non può evitare di rivedersi nella scelta dei temi da postare su cui è incentrato il racconto quotidiano di Faccia libro: dalle foto con i gatti e i bambini, ai grandi temi sociali, alle feste pubbliche e private, fino alla pubblicazione dei fatti più intimi e privati.

Favolose le luci di Tommaso Vitello e Marco Perrella e azzeccatissimi gli stacchi musicali.

Assolutamente geniale la proiezione della parodia dei video tutorial (realizzati insieme a Francesco De Falco) alle spalle delle tre brillati attrici che spiegano come essere più cool e ricevere più mi piace, le tre attrici che insegnano come imparare a vivere e fare cose pratiche che pure stiamo correndo il rischio di dimenticare: dall’abbottonarsi una camicia, al mettersi in piedi.

Soulbook demolisce ogni certezza virtuale che ci eravamo costruiti come un castello di carte, che poi è l’anima stessa di facebook: una rappresentazione continua di ciò che abbiamo dimenticato di essere e di vivere.

E’ da vedere, non appena sarà riproposto a Napoli (lock down permettendo) perché fa ridere, e più che mai abbiamo bisogno di sdrammatizzare in questo momento, perché siamo tutti coinvolti nessuno escluso.

The red lion, ovvero la vita in campo

Tra attacchi, difese e così via, le metafore del calcio sono prese direttamente da quelle della guerra. È un campo minato, un luogo dove si consuma la battaglia della vita in 90 minuti, e che importa che giù sull’erba ci sia un Maradona o la squadra di serie D: ci struggiamo come se in un’ora e mezza si dovesse decidere il nostro destino.

Così anche una squadra dilettantistica come quella messa in scena per la piéce “The Red Lion” (fino al 21 Novembre al Bellini) può appassionare e far riflettere, soprattutto se prende a pretesto la chimera del successo di giovani promesse che sgomitano, spargendo finta ingenuità, per entrare nell’olimpo del professionismo. Dopo il Don Juan in Soho il Bellini propone un altro testo del drammaturgo inglese Patrick Marber, con adattamento Andrej Longo e la regia e la colonna sonora di Marcello Cotugno. Piena di ironia e di amarezza, ogni drammaturgia di Marber del tipico humor British conserva principalmente la capacità di fotografare situazioni con poche battute, senza però liquidarle con un che di definitivo, ma lasciando allo spettatore la libertà – e il compito – di ingoiare il boccone, di elaborare i fatti, di usare il teatro come strumento per riflettere e non solo come occasione per intrattenersi. Qui in scena vediamo tre personaggi, ripresi nell’intimità dello spogliatoio, prima e dopo la partita.

The Red Lion Ph SalvatorePastore S7A1897

Un giovane talento - il bravo Simone Mazzella - che vuole farsi strada ma nasconde un segreto: pur giocando benissimo, ha un ginocchio fuori uso, che va avanti solo a furia di iniezioni di sostanze illecite. Attorno a lui due personaggi che sono l’uno l’opposto dell’altro: un anziano factotum della squadra – magistralmente interpretato da Nello Mascia – a sua volta ex promessa del calcio, che ha vissuto la gloria e il declino del sogno sul campo verde, fino a toccare l’abisso dell’alcol e della strada, ancora animato da buoni sentimenti (almeno in apparenza) e che vuole prendersi cura del ragazzo disinteressatamente. Dall’alto l’allenatore (Andrea Renzi) senza scrupoli, che gli suggerisce di buttarsi a terra in area di rigore, di firmare il contratto solo per venderlo e trarne profitto, che insomma lo considera come una marionetta del Subbuteo più che come una persona.

The Red Lion Ph SalvatorePastore S7A2216

Diviso tra arrivismo e buoni sentimenti, il ragazzo farà a un certo punto una scelta che però non si rivelerà la migliore per lui, e per nessun altro in verità. La pièce, localizzata in una squadra della provincia campana, riesce a trasmetterci con forza l’idea che la perdita dei valori sia la vera tragedia dell’uomo moderno, che si ritrova privo di guide reali, di punti di riferimento esterni tanto forti da risultare invincibili, e la messinscena, così scarna e allo stesso tempo quasi poetica, contrasta con un linguaggio a volte violento, cinico, intriso di avidità e di spietatezza.

Straordinari gli attori in scena e una curiosità: Nello Mascia e Andrea Renzi ricompongono a teatro la coppia calcistica de “L’uomo in più”, il film d’esordio di Paolo Sorrentino.

Fino a domenica 21 novembre al Teatro Bellini 

Consegne: un viaggio alla ricerca dell’essenziale

Cosa è essenziale? Una pizza a domicilio? Una cena completa portata direttamente sotto al palazzo? O uno sguardo? Nel geniale e splendido Consegne // una performance da coprifuoco, spettacolo a cura del CollettivolunAzione, la superba Cecilia Lupoli attrice/Ryder vi condurrà in un viaggio interiore tra le luci e le ombre di questo anno paradossale e del vostro passato. 

Arriva in motorino direttamente a casa vostra Consegne // una performance da coprifuoco, spettacolo a cura del CollettivolunAzione perché durante la quarantena gli unici a cui è concesso sfrecciare per le strade sono i rider. A Napoli fino a gennaio dopo aver debuttato a Bologna lo scorso novembre con la firma della compagnia Kepler-452, il percorso-performance site specific vede in sella Cecilia Lupoli, nel ruolo di attrice/rider. L’adattamento per Napoli è a cura di Eduardo Di Pietro, l’organizzazione di Martina Di Leva e il coordinamento tecnico di Tommaso Vitiello.

Un corriere, nella fattispecie una corriera, si sposta nella città, per effettuare la sua consegna: sulle spalle ha un cubo colorato, corre nel vento e nella pioggia, attraversando la notte desolata. Lo spettatore – o più spettatori che abitano allo stesso indirizzo – segue sulla piattaforma Zoom il percorso-performance della consegna, che conduce il rider a bussare proprio alla sua porta, per un incontro finale.

Cibarsi è un bene necessario. Preparare e offrire cibo è un atto d’amore. Ma quanto amore c’è in un solitario e asettico pasto a domicilio? In fondo il rider è una presenza ignota e distante che ha il solo ruolo di consegnare il cibo.

Invece per chi ha vissuto da solo la quarantena, per chi è stato privato dell’affetto dei parenti e degli amici, quanto vale un abbraccio mancato, uno sguardo di intesa che non ci si è potuti scambiare? Quanto vale dirsi: “ci sono”? E perché la distanza fisica necessaria a salvaguardare la salute si chiama “distanza sociale”?

E quanto vale uno spettacolo a teatro, un film a cinema se teatro e cinema sono chiusi? Più o meno di un giro in un centro commerciale che invece è aperto?

Dunque, cosa è veramente essenziale? E cosa vorremmo trovare dentro la box del rider?

Questi interrogativi e soprattutto le emozioni sottese ad esse ti catturano per i 45 minuti esilaranti di questo spettacolo interattivo. L’attore si trasforma in un corriere a tutti gli effetti per effettuare delle consegne, in un rapporto di intimità, esclusività, confidenza con il destinatario. Per tutta la durata del viaggio attraverso la città deserta, l’attore travestito da rider e lo spettatore travestito da destinatario si incontrano nel dialogo e nel silenzio, ed empatizzano perché entrambi sono abitanti della città e di questo paradossale momento storico. Sono umani alla ricerca di una riumanizzazione.

In una sera solitaria di metà dicembre anche io sono stata destinataria di questo magico spettacolo che è per ognuno diverso.

Consegne Cecilia Lupoli 3

La rider attrice Cecilia per un tempo sospeso dal vuoto inquieto che stiamo vivendo tutti, con i suoi profondi, espressivi e sorridenti occhi scuri è specchio e abbraccio, è infanzia e sogno, è nostalgia e speranza.

Il piccolo viaggio che compiamo insieme a lei ci fa vedere la nostra città con altri occhi, è un percorso nel tempo oltre che nello spazio di questo anno che si sta chiudendo al buio di un ormai innominabile Covid, in cui i momenti di luce risplendono come stelle e ci danno il senso di ciò che è essenziale e per questo vanno conservati come pietre preziose. Consegne può essere, se volete, uno di questi momenti. Lo è la sorpresa del citofono che suona e va all’unisono con la cadenza del cuore bambino.

L’attrice rider al termine della performance consegna anche una sorpresa mangereccia offerta dal pastificio artigianale Leonessa. Ma in fondo lascia molto di più: un pezzo di tempo memorabile che dice senza dirlo quanto l’arte è essenziale alla gioia e quindi alla vita.

Ovviamente non svelerò nei dettagli cosa accade in “Consegne” ma posso consigliarvi assolutamente di regalarvi e regalare questa scorpacciata di emozioni.

L’attrice, Cecilia, è bravissima e soprattutto vera, calda, viva. Solo una persona, oltre che un’artista, con un mondo interiore così variegato e profondo- come immagino sia il suo - avrebbe potuto interpretare questo delicato ruolo.

Lo spettacolo del Collettivo Lunazione è costruito ad arte nei minimi dettagli tecnici e artistici, con un ritmo perfetto, inoltre cuce l’interazione con il destinatario in base al “vestito” del destinatario stesso, il che poi sottintende anche una grande capacità di improvvisazione di Cecilia Lupoli.

Prima dello spettacolo un tecnico si sintonizza su zoom con voi per settare le impostazioni e spiegarvi come utilizzare la video chat al meglio e come comportarvi durante lo spettacolo cosi che possiate godere a pieno dello spettacolo.

Il Collettivo lunAzione ha sposato l’idea di Kepler-452 e l’ha riproposta a Napoli in reazione a un momento storico che vede i teatri chiusi e gli artisti privati della possibilità di incontro con il pubblico. Come spiega Eduardo Di Pietro “Il progetto, così interessante e genuino, ci ha fulminato. Ci siamo messi al lavoro con una certa urgenza, pensando al momento in cui saremmo scesi in strada per il pubblico partenopeo. Consegne è uno schiaffo al presente, con tutti i vincoli e le difficoltà del quotidiano: rispetta i protocolli di sicurezza, ma allevia la solitudine del coprifuoco”.

Il consiglio per lo spettatore è quello di lasciarsi trasportare senza pensare troppo a quello

Un ringraziamento speciale alla giornalista Gabriella Galbiati, ufficio stampa di questo progetto per la grande sensibilità con la quale si occupa e propone sempre lavori di grande intensità artistica.

Il collettivo lunAzione è una compagnia nata a Napoli nel 2014. Nel tempo ha sviluppato il proprio lavoro lungo tre cardini: la produzione teatrale originale, i progetti per le scuole di ogni ordine e grado, e performance site generic. Tra gli obiettivi del gruppo, la promozione e lo studio del teatro, inteso come forma di espressione ad alta funzione sociale, l’agevolazione della riflessione critica e una rigenerazione dell’interesse e della coscienza del pubblico rispetto all’evento teatrale, anche tramite metodi alternativi di comunicazione.

Quando: fino a gennaio 2020 e forse oltre. 

Dove: tra le strade di Napoli e a casa tua.

Costo: biglietto € 15 euro, comprensivo della consegna.

Info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.– 3349648516

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